Mercoledì Astigiani a Roma per manifestare contro il Ceta

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Mercoledì prossimo, 5 luglio, gli agricoltori di Coldiretti, saranno a Roma per contrastare l’approvazione del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement), l’accordo commerciale di libero scambio siglato tra l’Unione Europea e il Canada.

Dall’Astigiano raggiungeranno la capitale in pullman, insieme ad alcuni sindaci in fascia tricolore, per “invadere” piazza Montecitorio e contestare l’iter di approvazione da parte del parlamento nazionale.
L’iniziativa di Coldiretti riunisce un’inedita e importante alleanza con altre organizzazioni, saranno presenti anche Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch.

“A quanto pare – rileva il presidente di Coldiretti Asti, Roberto Cabiale – si sta creando un fronte molto compatto e trasversale, anche molti sindaci e presidenti dei consigli comunali dell’Astigiano stanno aderendo alla nostra richiesta di esprimere la contrarietà con una delibera di giunta o di consiglio. Evidentemente tutti comprendono quanto possa essere deleterio questo trattato, manca solo l’opposizione del parlamento nazionale”.

Mercoledì Coldiretti divulgherà un dossier sull’impatto del trattato sull’agroalimentare italiano. Esporrà ai parlamentari per la prima volta il “pacco” con le imitazioni delle specialità nazionali più prestigiose, dai formaggi ai salumi, realizzate in Canada che, con la ratifica de trattato, sarà legittimato a produrre e vendere ai consumatori di tutto il mondo.

Sono anche annunciate azioni provocatorie a difesa del Made in Italy gravemente minacciato.
Sarebbero tragicamente negativi gli effetti economici e sociali del CETA, anche per il nostro territorio, a cominciare dalla salute delle persone e all’ambiente, fino alle incognite sull’economia “come la concorrenza sleale che subirebbero la nostra zootecnia e la nostra cerealicotura” rileva Cabiale, aggiungendo: “E’ di questi giorni il lancio dell’Igp Vitellone Piemontese che garantisce una carne con una salubrità senza pari in nessuna altra parte del mondo, agevolare importazioni di produzioni di bassissima qualità come quelle canadesi e con contaminazioni che in Italia non sono consentite, arrecherebbe una concorrenza e un danno che non si può nemmeno immaginare di quantificare. E la stessa cosa vale anche per la Robiola Roccaverano, per la Nocciola Piemonte e per le altre denominazioni del territorio”.

Il 21 giugno scorso il presidente nazionale Coldiretti, Roberto Moncalvo, con gli altri partner del comitato “No Ceta”, ha incontrato il Presidente del Senato, Piero Grasso, il quale ha poi raccomandato al Parlamento la massima precauzione nel prendere una decisione così importante.
Il 22 giugno il vice presidente nazionale Coldiretti, Ettore Prandini, all’audizione al Senato, ha evidenziato l’impatto devastante sulla coltivazione di grano in Italia.

Già martedì scorso a Roma, le bandiere gialle di Coldiretti si sono unite al Comitato “NO Ttip” per manifestare il dissenso. Il CETA è uno dei sette trattati internazionali di libero scambio, insieme a TTIP, TPP, TISA, NAFTA, ALCA e CAFTA, e potrebbe essere proprio la “testa d’ariete” per l’approvazione di tutti gli altri.

Secondo un Dossier preparato da Coldiretti, delle 291 denominazioni Made in Italy registrate, ne risultano protette appena 41 con il via libera all’utilizzo di bizzarre traduzioni di nomi italiani (un esempio è il parmesan) e alla possibilità di usare espressioni come “tipo”, “stile”, “imitazione”. A questo occorre aggiungere il devastante impatto del Ceta su circa 50.000 tonnellate di carne di manzo e 75.000 tonnellate di carni suine a dazio zero e l’azzeramento strutturale del dazio per il grano proprio mentre il governo canadese si è già mosso per sollevare questioni di compatibilità del trattato con il decreto di indicazione obbligatoria dell’origine della pasta che l’Italia ha depositato a Bruxelles.

“A rischio – sottolinea il direttore di Coldiretti Asti, Antonio Ciotta – è lo stesso principio di precauzione, visto che la legislazione canadese ammette l’utilizzo di prodotti chimici vietati in Europa. Inoltre questo accordo di libero scambio con il Canada, legalizzerebbe la pirateria alimentare, aprendo spudoratamente le porte alle imitazioni canadesi dei nostri prodotti tipici”.

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