“Abbandoniamo la scusa del se lo faccio solo io non cambia nulla, tanto vale che neanche lo faccia”

Alcuni studenti dell’ITIS Artom, allievi di quarta e di quinta della prof.ssa Cristina Adriano, hanno svolto dei temi sulle paure e responsabilità verso la Casa comune di Papa Francesco. Ecco le riflessioni di  Emanuele Romanato.


Paure e responsabilità nella casa comune

Negli anni venti del milleduecento Francesco d’Assisi si rivolgeva a Dio per ringraziarlo del suo creato attraverso le sue preghiere. Oggi, a distanza di ottocento anni, Papa Francesco emana l’Enciclica “Laudato si’” in cui prega l’uomo di non distruggere quello stesso creato, la nostra casa comune.
Sempre più spesso, noi ragazzi siamo portati a pensare al nostro futuro, tutti da ragazzi lo fanno e l’hanno fatto, la differenza è che, al giorno d’oggi, noi non pianifichiamo più l’idea di avere una famiglia, non ci immaginiamo più una carriera lavorativa, come primi pensieri, ma la preoccupazione principale è quella di chiederci se avremo ancora una “casa comune” in cui sia possibile respirare aria pulita, bere acqua limpida e vedere bambini giocare in meravigliosi prati verdi o se non saremo costretti invece a girare con mascherine, ritrovandoci a camminare su della terra secca e sterile. Ciò è dovuto alla colpevole superficialità delle grandi potenze che, pur di guadagnare, non si fermano davanti a nulla, figuriamoci di fronte a una foresta, delle fabbriche che raramente si mettono nelle condizioni di non inquinare attraverso le loro produzioni, degli stessi cittadini che, a volte, non compiono neanche quei piccoli gesti necessari a dare un seppur minimo contributo, come utilizzare i mezzi pubblici o fare la banale raccolta differenziata, e dove invece le persone non hanno problemi a comportarsi in modo responsabile, sono i comuni a non preoccuparsi di far funzionare meglio i trasporti o di installare punti di raccolta differenziata per i rifiuti.

Sembra proprio che ognuno di noi si preoccupi sempre di più esclusivamente dei propri interessi, escludendo gli altri, non rendendosi conto che siamo come piccole cellule di un più grande individuo che, per vivere, necessita della collaborazione di tutti, perché tutti facciamo parte di questo corpo comune. Spesso questo isolarsi è provocato dal denaro, da esigenze o vizi economici di uomini che, per un motivo o per un altro, non si decidono a cambiare.
Pensiamo a tutte le fabbriche che non si adeguano alle normative vigenti per contrastare questa piaga dell’inquinamento, per paura di non avere più gli stessi guadagni, alle aziende che magari si affidano a sistemi di smaltimento rifiuti non consoni alle normative vigenti, spesso mettendo da parte il buon senso, poiché queste attività sono gestite dalla criminalità organizzata. Pensiamo alle imprese, ai luoghi pubblici e privati in cui si abusa dell’utilizzo della corrente elettrica, lasciando le luci accese quando non è necessario o sprecando acqua in maniera inutile. Pensiamo a quante volte ci capita, anche nel nostro piccolo, nelle nostre case, di farci una doccia interminabile, utilizzando quantità spropositate di prodotti per la pulizia che inquinano le acque.

Siamo però ancora in tempo per frenare questa, sempre più rapida, autodistruzione, cercando innanzitutto di sensibilizzare non solo i ragazzi, ma tutte le persone al tema della salvaguardia dell’ambiente, di sostenere la ricerca a favore delle fonti energetiche rinnovabili, cercando di sostituire a poco a poco i mezzi a gasolio e a benzina con veicoli alimentati in maniera ecosostenibile, di finanziare gli studi nelle università che si occupano di scoprire nuove tecnologie, non solo non inquinanti, ma in grado di risanare i danni già esistenti, di spingere le case produttrici di prodotti di bellezza e bagnoschiuma a produrre sostanze a impatto zero e, per ultimo, ma non per importanza, sforziamoci nel nostro piccolo di cercare di fare la differenza, abbandonando la scusa del “se lo faccio solo io non cambia nulla, tanto vale che neanche lo faccia” perché, citando un celebre film dell’85, “se io posso cambiare, tutto il mondo può cambiare” .

Emanuele Romanato, 5 AE, ITIS Artom di Asti


 

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