Università, le liste di opposizione: “Ecco le nostre proposte per il suo futuro”

Continua a far discutere la querelle sull’Università di Asti, che ha visto protagonista il candidato a sindaco Paolo Crivelli durante il primo confronto pubblico di questa campagna elettorale. Ecco alcune proposte lanciate dall’opposizione.

Ambiente Asti: ” Ecco le nostre quattro proposte per migliorare l’Università”

Presentazione lista ambiente asti

Apprezziamo la citazione del nostro capolista da parte del presidente Mario Sacco, come potrebbe non essere così viste le energie che, fin dalla fondazione, Francesco Scalfari ha messo nella costruzione del polo astigiano.

Ambiente Asti fin dalla sua nascita nel 2017, ha posto come obiettivo il futuro dell’Università.

Ogni intervento e voto in Consiglio Comunale sul polo universitario è andato in quest’ottica, noi crediamo che l’Università possa essere una grande risorsa per Asti e lo possa diventare ancora di più, facendo scelte che portino il polo ad attrarre maggiormente studenti. Per fare questo bisogna però credere in un nuovo ruolo del polo universitario, che possa crescere e diventare autonomo.

Superando le criticità che ci sono in città sulle strutture, occorre avere come primo obiettivo la valorizzazione del patrimonio intellettuale esistente per pensare al futuro.

Non avremmo messo come capolista il Direttore, che fin dalla nascita ha lavorato per una crescita di Astiss, se non ci credessimo. Sacco probabilmente non voterà ad Asti ma se fosse residente potrebbe votare per noi, sarebbe certo di un impegno a favore del polo, vista la visione che Ambiente Asti ha sul futuro di Astiss.

La nascita di un polo Universitario ad Asti ha portato una grande ricchezza. UniASTISS è diventato negli anni un punto di riferimento per molte attività astigiane, e può costituire un importante punto di partenza per obiettivi più ambiziosi.

Per noi l’Università di Asti deve ambire a diventare polo di riferimento culturale, sociale, tecnologico per la città, la provincia, ed oltre.

Ecco le nostre proposte:

1) Rafforzare l’interazione con gli atenei piemontesi, per aumentare l’offerta formativa sul territorio e per avviare una vera attività di ricerca scientifica in loco.

2) Ampliare le attività di orientamento degli studenti al fine di ridurre fenomeni di dispersione e abbandono degli studi universitari.

3) Favorire l’incontro tra università e realtà locali, anche predisponendo luoghi appositi. Pensiamo a luoghi come la nascente “Butterfly area” di Grugliasco, o modelli simili ai poli di innovazione regionali.

4) Migliorare la capacità di attrarre fondi europei per innovazione e ricerca.

5) Promuovere la divulgazione della ricerca e della cultura scientifica ad Asti. Si tratta della cosiddetta terza missione dell’Università, che punta a dare un impatto immediato, culturale e sociale alla ricerca accademica.

Se guardiamo al ruolo che un’Università moderna ha oggi in molte città del mondo, vediamo che questo va ben oltre quello – seppur fondamentale – dell’alta formazione. L’università funge spesso come luogo naturale di raccordo tra scuola, ricerca, impresa e società civile. La vicinanza con l’Università di Torino, per molti anni vissuta come un elemento di difficoltà, può invece essere sfruttata come fonte di risorse, modelli e possibili sinergie. In Europa sono molte le città di piccola o media grandezza che hanno saputo costruirsi un’identità o rilanciarsi grazie proprio ad Università e Ricerca. Esempi sono Regensburg e Darmstadt in Germania, Grenoble in Francia, Pisa in Italia. Per non parlare di realtà come Cambridge ed Oxford in Inghilterra, che nei secoli hanno praticamente costruito una città intorno alle Università. Il punto fondamentale ed irrinunciabile è la volontà dell’amministrazione di porre basi solide per una pianificazione a lungo termine del futuro dell’Università. Si tratta di un processo importante ma complesso, che non può poggiare su fondamenta incerte o su vuote dichiarazioni di convenienza.

Angela Quaglia (CambiAMO): “Che tipo di Università si vuole offrire ad Asti?”

Angela Quaglia

Le recenti polemiche sull’Università di Asti meritano alcune considerazioni e qualche riflessione/proposta.
Cominciamo intanto con il dire che ad Asti non c’è una Università ma un Polo Universitario che offre servizi
e corsi di laurea per conto dell’Università di Torino e per quella del Piemonte Orientale.
La differenza non è banale.
Una Università ha un Rettore, un Consiglio di Facoltà e una autonomia didattica e finanziaria.
Il Polo Universitario di Asti svolge corsi e prepara studenti ma non ha una sua autonomia: i corsi vengono pagati alle due Università piemontesi (Torino e Alessandria) dal Consiglio di Amministrazione del Polo di Asti con una spesa di circa due milioni di euro all’anno.
A fronte di un tale investimento sarebbe indispensabile che la città avesse un ritorno, in termini occupazionali e di ricchezza per bar, ristoranti, tavole calde, affitti, librerie.
Cosa che è evidente non succeda, tanto che la zona di corso Alfieri, dalla ex-UPIM a San Pietro, è in forte
crisi.
Questo non è però l’argomento più importante.
Ciò che conta è il tipo di università che si vuole offrire ad ASTI (e non solo per gli astigiani).
Che ruolo può avere l’Università per connotarne l’identità?
Credo sia riconosciuto da tutti che Asti e il suo territorio possiedono una connotazione agricola, in particolare vitivinicola ed enologica.
Nel mondo del vino, oggi, non ci sono solo agricoltori singoli ma aziende sempre più strutturate, tecnologicamente avanzate, che svolgono, o vorrebbero svolgere, ricerca, innovazione per competere sui mercati internazionali. Parliamo di cantine, di aziende per la produzione di bottiglie, tappi, etichette, macchine per il settore enologico, ma anche di tutto ciò che serve a far conoscere il prodotto.
Negli anni 70 il Barolo costava pochissimo; solo 10 anni fa la Barbera di Nizza non era riconosciuta come
invece è oggi: merito di ricerca, affinamento del gusto, lavoro di enologi ed esperti di commercializzazione.
Anche i vigneti hanno cambiato prezzo da allora.
I nostri corsi di Laurea (al di là della positività di formare ottimi infermieri e laureati in scienze motorie) dovrebbero caratterizzarsi nel settore agro-alimentare, e in particolare vitivinicolo, venendo a rappresentare una eccellenza unica livello nazionale, in un settore che offre evidenti occasioni di sviluppo e occupazione.
L’alleanza tra le Istituzioni e le Aziende del settore può fare la differenza.
Per questo obiettivo ha senso un investimento pubblico, come quello fatto dalla Fondazione CRAsti.
Non ha più senso, invece, per corsi di laurea “doppioni” che portano a titoli di studio ma non a nuovi e stimolanti sbocchi occupazionali e insieme a nuova ricchezza per il territorio e per la città.