Il vescovo Prastaro: “Guerra figlia della cultura dello scarto”

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Gli accadimenti di Bucha, apparsi in queste ore sui giornali, sono un pugno allo stomaco alla coscienza del mondo. Le foto dei cadaveri accatastati lungo il ciglio della strada, lasciati dopo la ritirata delle truppe russe ricordano cosa sia la terribile quotidianità della guerra. In questi giorni convulsi, è forte il dibattito, a livello nazionale ma anche in città, su quale sia la migliore azione da intraprendere per stare al fianco del popolo ucraino così barbaramente aggredito da questa invasione.

Abbiamo chiesto a Monsignor Marco Prastaro, pastore della Chiesa astigiana, una riflessione su quanto sta accadendo. Tra chi propugna una posizione di pacifismo tout court e chi vorrebbe invece inviare armi all’Ucraina.

Così come forti sono le prese di posizione di chi si oppone strenuamente a un riarmo dell’Italia (è previsto un aumento delle spese militari fino al 2% del Pil entro il 2028). Tra queste voci spicca quella di Papa Francesco, che come al solito ha preso posizione con la consueta schiettezza.

Monsignor Prastaro, la discussione in Italia, come in altri paesi europei, è tra chi è per una posizione di assoluta neutralità e chi invece vorrebbe sostenere lo sforzo bellico dell’Ucraina. Qual è la sua posizione?

E’ una domanda a cui è complesso rispondere. In tutta umiltà se mi dovessero chiedere cosa è meglio fare in questo momento, non potrei fare una affermazione certa. La Chiesa si pone sempre ed esclusivamente a servizio della pace: il Papa ha invitato più volte le parti al dialogo e ha affermato che il Vaticano non lesinerà gli sforzi per una soluzione diplomatica del conflitto.

Il Papa ha usato un’espressione forte: l’aumento delle spese militari è “una follia, di cui mi vergogno profondamente”.

Quanto detto da Papa Francesco è in linea con tutto ciò che è stato già affermato durante il suo magistero. Le frasi dette dal Papa sono in linea con il pensiero che lo vede opporsi alle storture di un mondo globalizzato. Un mondo che ha abbracciato molte volte la cultura dello scarto e che dà importanza solo all’utile del proprio tornaconto. Le parole sulla guerra sono perfettamente in questo solco: l’odio e la guerra sono figlie di questo modo di pesare che tende ad eliminare il prossimo se questo è di intralcio per i propri piani. Funziona così: sia nelle azioni personali, che nelle azioni politiche dei governi. 

Vorrei però esporle il pensiero di un importante esponente della Chiesa, il Cardinal Ravasi.

Prego

Citando il teologo oppositore al nazismo Dietrich Bonhoeffer ha twittato: “Se un pazzo lancia la sua auto sul marciapiede, io non posso, come pastore, contentarmi di seppellire i morti, cantare in gregoriano e consolare i parenti. Io devo afferrare il conducente al suo volante e bloccarlo”.

Non c’è contraddizione tra ciò che afferma il Papa e quello che dice il cardinal Ravasi. La dottrina cattolica ammette il diritto all’autodifesa di sé stessi e di chi è più fragile. Lo stesso pontefice, parlando con Zelensky ha affermato “capisco che desiderate la pace, che dovete difendervi”. Il fatto è che non bisogna arrivare a una situazione di violenza per difendersi da altra violenza . La Chiesa chiede sempre di risolvere le questioni prima che queste debbano sfociare alle estreme conseguenze . Per questo il Papa insiste nel combattere la cultura del sospetto, quello che può portare a eventi drammatici come quello che stiamo vivendo. La cultura del sospetto si combatte con il dialogo e con un atteggiamento distensivo da parte di tutti. 

Il Patriarca di Kiev ha affermato che “i popoli russo e ucraino provengono dalla fonte battesimale del Dnepr e una guerra tra loro è una ripetizione del peccato di Caino, che uccise il suo stesso fratello per invidia”. Quanto fa male una guerra tra due popoli cristiani?

Fa tanto male, come ogni guerra, ma in questo caso è ancora incomprensibile un così barbaro massacro tra due popoli che leggono lo stesso Vangelo, e professano la stessa fede. Vorrei però sottolineare che però noi occidentali, discendenti di una cultura latina, non riusciamo a cogliere il diverso approccio culturale che invece permea il pensiero orientale, non solo guardando all’ortodossia ma estendendo lo sguardo a tutto il medio oriente. Noi siamo abituati a un distacco tra fede e politica, ma in molti casi, come nel caso tra Russia e Ucraina, non è così. La religione, nazionalizzata, segue le logiche politiche e diventa così tra gli oggetti del contendere in caso di conflitto. Come cattolici, e quindi portatori di un approccio invece universalistico della nostra fede e della nostra Chiesa, abbiamo ancora di più il dovere di richiamare le parti in causa a una soluzione pacifica del conflitto che esuli dalle logiche di una parte soltanto.  

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