Il carciofo del sorì diventa Presidio Slow Food: dall’Astigiano a Londra, la sua rinascita supera anche il lockdown

Circa sei anni fa, un anziano orticoltore ha donato a Stefano Scavino e ad altri contadini astigiani i carducci che custodiva da decenni. Da lì l’impianto di nuove carciofaie e il coinvolgimento di altri produttori della zona tra Mombercelli, Costigliole d’Asti, Asti e Castel Boglione, la crescita lenta e costante che ha rafforzato la produzione e allargato gli sbocchi commerciali, anno dopo anno.

A supervisionare la produzione dal punto di vista scientifico, un progetto di valorizzazione degli ecotipi locali piemontesi promosso dall’Università di Torino, dal Cnr e dalla fondazione Agrion con cui sono state selezionate le piante migliori. Così si è rinato il carciofo astigiano del sorì (il nome deriva dai versanti collinari esposti a sud, che in dialetto si chiamano appunto sorì) che di recente è diventato Presidio Slow Food.

La coltivazione del carciofo astigiano era iniziata a decadere nella seconda metà del secolo scorso, principalmente a causa della raccolta tardiva. Infatti, i capolini del carciofo astigiano arrivano sul mercato quando le varietà meridionali sono a fine stagione e i prezzi di vendita sono troppo bassi per permettere ai coltivatori una buona remunerazione. E così, per oltre 50 anni, la coltivazione del carciofo rimane una coltura marginale per il consumo familiare nei pressi delle vigne meglio esposte.

Ora questa varietà antica, tipica degli orti familiari e già presente nei ricettari del Seicento, sta conoscendo una seconda possibilità.

carciofo del sorì

“In queste settimane di lockdown le famiglie hanno avuto più tempo per scegliere con cura i prodotti da portare in tavola e più voglia di riscoprire antiche ricette e sperimentarne di nuove: le consegne a domicilio sono letteralmente esplose e hanno aperto una nuova via di commercializzazione per le piccolissime aziende agricole” dichiara Stefano Scavino, astigiano, 32 anni, referente dei produttori del neonato Presidio del carciofo astigiano del sorì che da qualche settimana, e fino ai primi giorni di giugno, è approdato sui mercati.

L’area dell’Astesana collinare, delimitata dal fiume Tanaro e dai torrenti Tiglione e Belbo, è l’habitat ideale non solo delle vigne, ma anche del carciofo, pianta rustica che si coltiva senza l’uso di pesticidi e con una fertilizzazione organica del terreno, associata, quando possibile, all’uso di colture di copertura.

I capolini, ovoidali, allungati e senza spine, si raccolgono manualmente. Sono dolci e teneri al palato e si prestano a molteplici usi in cucina: possono essere conservati sott’olio, fritti, cucinati nei risotti, ma il consumo a crudo è quello in cui esprimono al meglio le loro caratteristiche organolettiche. Della pianta si consumano anche i gambi, le foglie e i carducci teneri e imbianchiti dall’inverno.

Per far conoscere questo prodotto della nostra terra, i sei produttori che fanno parte del Presidio hanno unito le forze alla ricerca di nuovi mercati: “La produzione non è grandissima, stiamo parlando di piccoli appezzamenti tra i due e i tre ettari in tutto. Il tipo di distribuzione è molto diverso: qualcuno vende in azienda e ai mercati, qualcun altro esce fuori regione per arrivare a Roma o addirittura a Londra. Sicuramente tutti insieme e con la spinta del Presidio avremo la forza di agire per far conoscere a quante più persone possibile il carciofo del sorì” conclude Scavino.