Lettere al direttore

“Ci arroccavamo nel nostro individualismo, invece ogni cosa, bella o brutta, riguarda sempre l’Umanità intera”

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Riceviamo e pubblichiamo

Le grida strazianti di milioni di bambini si levavano ogni giorno, da sempre. Atroci sofferenze causate dalle epidemie, dalla malnutrizione, dall’indigenza. Ma noi pensavamo che non fosse affar nostro, tanto l’Africa è lontana: ora chi vive sull’orlo della vita e della morte siamo noi.

Le patologie di tante persone incrociate per caso in strada o sull’autobus, i problemi che quotidianamente opprimevano la condizione di vita di un’infinità di persone, dall’anziana vicina di casa che fatica a sollevare la busta della spesa sino al malato cronico che rischiava da un momento all’altro il tracollo, i figli degli altri che piangevano perché non potevano fare le stesse cose che normalmente fanno i bambini…tutte queste cose non ci interessavano perché non erano le “nostre” sofferenze, ma le sofferenze altrui. Erano i problemi, le angosce ed il dolore degli altri. I problemi delle altre famiglie, dei figli degli altri. Ora anche per noi la spesa è un problema, anche noi corriamo il rischio di non avere immediatamente un’ambulanza in caso di urgenza, o una cura. Anche i nostri bambini, come i pargoli pelle e ossa denutriti dell’Africa, non hanno un vaccino salvavita e sono potenzialmente a rischio; e sono privati della loro libertà come i bimbi malati ricoverati nelle strutture oncologiche.

Nei nostri ospedali i medici in prima linea si prodigano da sempre, non solo da qualche settimana, non solo da quando hanno i riflettori di televisioni e giornali puntati addosso. Ma quando si trattava di sostenere il comparto sanitario con adeguati finanziamenti, noi pensavamo che erano i politici a doversi occupare di queste faccende, che si trattava di cose che non ci competono.

Non ci interessavano il disumano sovraffollamento carcerario, né ci preoccupavamo delle condizioni degli anziani nelle case di riposo o dei disabili, spesso obbligati a restare rinchiusi nelle proprie abitazioni a causa di vergognose barriere architettoniche: ora i reclusi siamo noi.

La lettera alla fidanzata, recuperata assieme all’esanime corpo del migrante divorato dalle onde del mar Mediterraneo, era piena di straziante dolcezza. Un uomo colmo d’amore. Ma a noi quelle parole suonavano lontane, ci siamo passati sopra quasi con indifferenza perché tanto non era la nostra amata ad essere abbandonata a mille miglia di distanza, lontana, sola, piangente; e non eravamo noi ad imbarcarci su una carretta del mare, senza il becco d’un quattrino, con il cuore gonfio e sostenuti solo da una (vana) speranza. Oggi più facilmente di ieri, a chiunque su questo pianeta può toccare la triste sorte di finire la propria vita separato dalle persone che amiamo.

Ci arroccavamo nel nostro individualismo, sigillati da un guscio capace di metterci al riparo dal coinvolgimento del mondo circostante, ignorando la legge di Natura che tutti ci unisce.
Pensavamo che nulla di tutto ciò ci riguardasse. E invece ogni cosa, bella o brutta, riguarda sempre l’Umanità intera.

Fabio Mengozzi

https://www.facebook.com/FabioMengozziCompositore/

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