Oriana Fioccone: una storia di ordinaria disabilità nell’Astigiano

Né vittime né super eroi. Non solo i fratelli Pellegrino, non solo Bebe Vio.

Il mondo della disabilità è vastissimo e non tutti i disabili sono uguali o hanno le stesse possibilità o difficoltà. Non tutti sono lasciati soli al loro destino e non tutti diventano famosi testimonial e icone sociali.

“Non voglio che la mia sia una vita straordinaria. Quello che io ho fatto dovrebbe diventare sempre più la normalità”. A parlare è Oriana Fioccone, 53 anni, residente vicino a Nizza Monferrato.

Oriana ha studiato, sostenuto esami e lavorato. Come la maggior parte delle persone, solo che tutto questo lo ha condiviso con una carrozzina e una malattia, la distrofia muscolare, “che ti corrode poco per volta”.

“Sono affetta da distrofia muscolare dall’età di 9 anni – ricostruisce Oriana- Dopo aver studiato, essermi diplomata e laureata ho iniziato ad insegnare. Prima avevo classi intere poi ho chiesto l’utilizzazione come insegnante di sostegno. Nell’ultimo periodo ho chiesto un part time e alla fine ho dovuto lasciare a malincuore il lavoro perché fisicamente non potevo più continuare”.

Fin dall’inizio molte persone hanno cercato di dissuaderla dallo studio: “Prenditi la pensione e sta a casa tranquilla, mi dicevano. Ma io non sono fatta così. Ho sempre aiutato la mia famiglia, proprietaria di un mobilificio, e ho sempre voluto darmi da fare nonostante la malattia. Sono una rompiscatole e non ho mai voluto accettare di chiudermi in casa”.

La sua vita è stata condizionata dalla disabilità. Non lo nega. Non si può far finta che la carrozzina non esista o che il male non ci sia. Ma si può affrontare. Se si hanno le giuste condizioni assistenziali si può fare una vita ordinaria: lavorare, uscire, divertirsi amare e additittura avere una vita sessuale e dei figli. Questo è il messaggio che Oriana vuole lanciare a disabili e non.

La scelta di fare l’insegnante è stata un po’ obbligata dalle circostanze. “Ho scelto di frequentare il liceo pedagogico, perché era l’unico istituto superiore che nella mia zona fosse accessibile. Poi ho scelto di frequentare Lettere moderne a Torino, perché era una facoltà che mi permetteva di studiare da casa, senza l’obbligo della frequenza e di poter andare a sostenere gli esami. La prima volta che sono arrivata Palazzo Nuovo a Torino, nella sede della facoltà di Lettere, mi hanno fatto entrare in una porta secondaria e, per salire ai piani superiori, ho dovuto utilizzare un montacarichi e perché? Semplicemente perché mai nessuna persona in carrozzina era entrata in facoltà e gli ascensori erano così piccoli che non permettevano ad una sedia a rotelle di passare”.

Nonostante la scelta obbligata, insegnare è diventata una vera passione. “Ho amato moltissimo avere a che fare con ragazzi e non solo impartire loro nozioni e concetti, ma soprattutto educarli al rispetto. Questo per me deve fare la scuola: educare a tutto tondo. Avere un’insegante disabile può anche essere d’aiuto per sviluppare in loro delle sensibilità e attenzioni e una cultura del rispetto”

Oriana smette di lavorare nel 2008, impossibilitata a continuare a causa della malattia. Sono passati 9 anni in cui Oriana non è stata inattiva. Come membro della Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare onlus) – Gruppo donne, ha scritto articoli, lasciato testimonianze e battuta per la parità e il rispetto delle donne, e in modo particolare delle donne disabili.
Negli anni si è interessata a vari argomenti legati alla disabilità: insegnamento (con il dossier “La scuola: davanti e dietro la cattedra” – qui per leggerlo); l’accessibilità ai servizi medici e alle visite ginecologiche e lo studio del 2014 “Ti porto di peso” per evidenziare come i disabili abbiano il diritto di decidere dove andare.

“Molti passi sono stati fatti. Ci sono più possibilità e i disabili fisici hanno modo di studiare, lavorare, accedere a cariche pubbliche. A 11 anni ero stata ricoverta un mese in ospedale per poter fare un’ora di fisioterapia al giorno. Ora non è così. C’è l’assistenza domiciliare o servizi di trasporto. Ci sono meno barriere architettoniche, più comprensione”
Ma c’è ancora molta strada da fare: “Dobbiamo far capire che non abbiamo ritardi mentali, siamo assolutamente capaci di intendere e di volere anche se a volte non tutti lo capiscono: ancora ora capita che a seguito di visite mediche i dottori si rivolgano a me dandomi del “tu” e parlino ai miei genitori per le decisioni da prendere”.

Un argomento delicato è quello dell’assitenza, dei care giver. Spesso tutto il peso dell’assistenza e sulla famiglia. “I miei genitori sono sempre stati presenti. Ma ormai sono anziani e spesso ci poniamo il problema del Dopo” .
Ecco che allora entrano in scena istituti, assistenza a domicilio, care giver. “La soluzione migliore sia per i costi che deve sostenere la società sia per la comodità, sarebbe l’assistenza domiciliare, che però deve essere garantita sempre, anche nel weekend anche di sera se si desidera andare al cinema o a teatro”.

Oriana non vuole pietismo o facilitazioni, ma agevolazioni. “Il concorso per l’insegnamento devo sostenerlo e devo essere giudicata come tutti gli altri. Quando si assegna una cattedra bisogna però valutare la situazione per andare in quegli istituti con più facile accesso”.

Oriana si definisce una gran rompiscatole, perché non ha mai accettato di arrendersi alle difficoltà e di rimanere nell’ombra: “Le cose possono ancora migliorare solo se noi disabili ci impegniamo in prima persona. Asti ad esempio è una città abbastanza attenta, penso alle giostre inclusive, alle campagne di sensibilizzazione sui parcheggi per disabili… Certo non tutto è accessibile e allora io non vado nei negozi che non presentano uno scivolo all’ingresso. Anche noi disabili siamo fonte di reddito. Se una città è a misura di disabile può essere più attrattiva anche dal punto di vista turistico. Anche noi portiamo businness. E allora non stiamo nascosti in casa. Usciamo. La gente ci deve vedere, solo così può capire quali siano le nostre oggettive difficoltà. Solo così la situazione potrà ancora migliorare. Ad Asti come in tutta Italia”.

Silvia Musso