A Palazzo Ottolenghi un dibattito con avvocati e magistrati ha spiegato i cinque quesiti referendari sulla giustizia

Oscurato dalla campagna per le elezioni amministrative, il 12 giugno si andrà a votare anche per i cinque quesiti referendari sulla giustizia. Oggi pomeriggio, a Palazzo Ottolenghi si è svolto l’evento ‘Cambiamo la Giustizia’ per dire Sì ai referendum promossi da Lega e Partito Radicale. Il dibattito, ha visto intervenire il pubblico ministeri Davide Greco e l’ex magistrato Luciano Tarditi, e gli  avvocati Piermario Morra e Pierpaolo Berardi.

I cinque quesiti referendari

CSM: Il Consiglio superiore della magistratura (CSM) è l’organo di autogoverno dei magistrati e ne regola la carriera. Per due terzi è composto da magistrati eletti. Con il sì, si tornerebbe alla legge originale del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del CSM presentando semplicemente la propria candidatura.

Equa valutazione dei magistrati: la valutazione della professionalità e della competenza dei magistrati è operata dal CSM che decide sulla base di valutazioni fatte anche dai Consigli giudiziari, organismi territoriali nei quali, però, decidono solo i componenti appartenenti alla magistratura. Con il sì viene riconosciuto anche ai membri “laici”, cioè avvocati e professori, di partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati.

Separazione delle carriere dei magistrati: Nel corso della carriera, gli stessi magistrati passano più volte dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. Si alternano nelle diverse funzioni. Il comitato referendario chiede che il magistrato debba scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale.

Limiti agli abusi della custodia cautelare:  con il sì, resterebbe in vigore la carcerazione preventiva per chi commette reati più gravi e si abolirebbe la possibilità di procedere alla privazione della libertà in ragione di una possibile “reiterazione del medesimo reato”.

Abolizione del decreto Severino: con il sì viene abrogato il decreto e si cancella così l’automatismo: si restituisce ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se, in caso di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici.

Il dibattito

Diverse le prese di posizione durante il dibattito, che ha visto analizzare i vari quesiti da parte dei relatori facendo una disamina dello stato di salute del sistema giudiziario nel nostro paese.

Solamente davanti alla Corte di Cassazione vengono decise ogni anno 60 mila sentenze, paragoniamolo al lavoro delle Supreme Corti di altri paesi, dove ci sono solo poche centinaia di sentenze – spiega Luciano Tarditi–  non si possono perseguire tutti i reati, bisogna scegliere: spesso vengono portati avanti procedimenti “fatti con lo stampo”, tralasciando magari quelli più complessi che vedono coinvolte un maggior numero di persone. Vengono prodotte in Italia un numero abnorme di cause: lo Stato promette un servizio che non riesce a garantire“. Pierpaolo Berardi e Davide Greco,  invece, si sono trovati d’accordo sul fatto che il referendum sia uno strumento snaturato “E’ spesso un gesto pilatesco: il legislatore lascia allo strumento referendario quelle questioni su cui non ha il coraggio di cambiare la norma”.

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