Certificazione di genere per aziende che partecipano ad appalti per Pnrr e Pnc: come ottenerla

La Consigliera di Parità del Piemonte fornisce le indicazioni per la certificazione di genere alle aziende dai 51 ai 100 dipendenti.

Passa per il rapporto biennale sui dipendenti, la certificazione di genere obbligatoria per tutte le aziende pubbliche e private, che, pena l’esclusione, intendano partecipare a gare d’appalto finanziate con fondi del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) e del Piano nazionale investimenti complementari (Pnc).

Lo ha ricordato la Consigliera regionale di Parità del Piemonte, avv. Anna Mantini, alle associazioni datoriali e alle aziende segnalando che l’onere per le aziende di produrre il rapporto è contenuto nelle “Linee Guida per favorire le pari opportunità di genere e generazionali, nonché l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità” e nell’articolo n. 47 del decreto legge 77/2021 sulle Pari opportunità e l’inclusione lavorativa nei contratti pubblici, nel Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) e nel Piano nazionale investimenti complementari (Pnc).

La novità riguarda l’estensione dell’obbligo anche alle aziende che occupano dai 51 ai 100 dipendenti, le quali in attesa che il Ministero del Lavoro indichi come compilare il Rapporto 2020/2021, possono fruire dell’apposito applicativo alla pagina ufficiale del Ministero (https://servizi.lavoro.gov.it) facendo riferimento alla situazione del personale al 31 dicembre 2019 nella compilazione delle sezioni del rapporto presenti sul sito. Il Rapporto va inviato, secondo le modalità indicate nel sito ministeriale, alle rappresentanze sindacali aziendali.

Il passaggio successivo prevede che la Consigliera regionale di parità acceda, attraverso un identificativo univoco, ai rapporti trasmessi dalle aziende con sede in Piemonte, elaborando i dati. I risultati saranno trasmessi alle sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro, alla Consigliera/al Consigliere nazionale di parità, al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, all’Istituto nazionale di statistica e al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.

“Il Rapporto – evidenzia Anna Mantini – dovrà indicare, per ciascun sesso, quanti sono i lavoratori occupati, quanti quelli eventualmente assunti nel corso dell’anno, il numero delle lavoratrici in gravidanza, le differenze fra le retribuzioni iniziali dei lavoratori, l’inquadramento contrattuale e la funzione svolta, anche con riferimento alla distribuzione dei contratti a tempo pieno e a tempo parziale. Dovrà specificare, inoltre, l’importo della retribuzione complessiva corrisposta, delle componenti accessorie del salario, delle indennità, anche collegate al risultato, dei bonus e di ogni altro beneficio o qualsiasi altra erogazione che siano stati eventualmente riconosciuti al singolo lavoratore. Il Rapporto richiede inoltre informazioni e dati sui processi di selezione in fase di assunzione, sui processi di reclutamento, sulle procedure utilizzate per l’accesso alla qualificazione professionale e alla formazione manageriale, sugli strumenti e sulle misure resi disponibili per promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, sulla presenza di politiche aziendali a garanzia di un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso e sui criteri adottati per le progressioni di carriera”.

Per approfondimenti si rimanda alla pagina del sito del Ministero del Lavoro (clicca QUI).