Coldiretti: “Con gli allarmi UE sulle etichette del vino a rischio un bicchiere su quattro”

E’ del tutto improprio assimilare l’abuso di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità e a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita “lento”, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre proprio all’assunzione sregolata di alcol.” E’ quanto affermano Marco Reggio presidente di Coldiretti Asti e Diego Furia direttore Coldiretti Asti nel sottolineare che la relazione dell’Europarlamento “colpisce ingiustamente il vino Made in Italy che ha conquistato la leadership in Europa per produzione ed esportazioni con un fatturato record di 12 miliardi nel 2021”.

La relazione non si limita a proporre aumenti delle tasse, ma spinge ad introdurre allarmi per la salute nelle etichette delle bevande alcoliche come per i pacchetti di sigarette. Una decisione che ne scoraggerebbe il consumo da parte di quasi un italiano su quattro (23%) che smetterebbe di bere o ne consumerebbe di meno, secondo il sondaggio on line sul sito www.coldiretti.it.

A preoccupare sono soprattutto gli effetti sulle esportazioni, che superano i consumi interni, per un valore destinato a sfondare per la prima volta quota 7 miliardi di euro, secondo le proiezioni di Coldiretti.

Si tratta peraltro di un orientamento incoerente con il sostegno accordato dal provvedimento alla Dieta Mediterranea, considerata un modello alimentare sano e benefico per la prevenzione di molte malattie, ma che si fonda anche sul consumo regolare di un bicchiere di vino ai pasti.

Ad essere colpite dalla relazione sono anche le carni a poche settimane dal finanziamento concesso dall’Unione europea con risorse pubbliche al business privato della “carne Frankenstein” dietro il quale si nascondono rilevanti interessi economici e speculazioni internazionali dirette a sconvolgere il sistema agroalimentare mondiale.

“Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate. L’equilibrio nutrizionale – sottolinea il direttore  Diego Furia – va, infatti, ricercato tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera e non certo condannando lo specifico prodotto. 

Così ad essere colpiti sono i prodotti simbolo del Made in Asti: dalla carne al vino. Con etichette fuorvianti ed allarmistiche non si fa corretta informazione nei confronti del consumatore, ma si rischia solo di danneggiare prodotti di tradizione secolare, con un impatto devastante sull’economia, occupazione e biodiversità italiane. L’Italia – concludono Reggio e Furia – è il Paese più ricco di piccole tipicità tradizionali che hanno bisogno di sostegni per farsi conoscere sul mercato e che senza promozione rischiano invece di essere condannate all’estinzione”.