Aspettando l’annuncio della Capitale europea del Volontariato: la riflessione su Asti e il volontariato di AstiOltre

Riceviamo e pubblichiamo


Domenica 5 dicembre 2021 il CEV, Centro Europeo per il Volontariato, cui aderiscono una sessantina di associazioni di vari Paesi, deciderà a chi attribuire il titolo di “Capitale europea del Volontariato” per il 2023.
Asti è una delle città candidate e l’augurio è, naturalmente, che venga prescelta.
Come avvenne ad esempio per il titolo di “Monferrato European Community of sport”, assegnato da Aces Europe nel 2017, grazie all’impegno del Comune di Asti, insieme a quello di Casale Monferrato e ad altre realtà operanti localmente in ambito sportivo.

Sarebbe certamente una importante occasione per dare ulteriore visibilità alle molteplici esperienze di volontariato che caratterizzano la vita sociale, non solo della città capoluogo, ma dell’intero ambito provinciale.
Ma dovrebbe anche essere una occasione per approfondire temi di natura strutturale che rendono sempre più indispensabile un ruolo attivo del mondo del volontariato in una fase storica drammatica come quella che stiamo vivendo, in cui le istituzioni e le strutture competenti non sono palesemente in grado di rispondere a tutti i bisogni di una società incattivita e in trasformazione.
Che ci sia o no il riconoscimento e l’occasione di visibilità, il tema del volontariato dovrà essere centrale, sia nel breve che nel lungo periodo, ma in termini progettuali e non soltanto elogiativi e di compiacimento autoreferenziale.

Occorre chiederci prima di tutto perché in una società in cui cresce la forbice tra i pochi ricchi e i tantissimi poveri il ruolo del volontariato sia sempre più indispensabile e non, come dovrebbe essere, una preziosa integrazione ai servizi che una società affluente dovrebbe essere in grado di offrire a tutti.
Non basta elogiare i volontari e blandirli. Occorre chiederci perché non possiamo fare a meno della loro disponibilità e del loro lavoro e progettare delle soluzioni rapide ai problemi che solo il volontariato oggi è in grado di contribuire a contenere.
L’apporto di esperienza e lavoro volontario, in una società equilibrata e più giusta, dovrebbe essere un arricchimento dell’offerta culturale e di welfare, non certo la ruota di scorta per una macchina in panne.

La pandemia da cui stiamo tentando di uscire con grande fatica ha profondamente segnato le nostre vite, modificato le nostre abitudini, inciso negativamente sulle nostre abitudini e modificato i rapporti sociali.
Come una guerra, ha creato vuoti (incontri difficili, persone che non ci sono più) nelle comunità piccole o piccolissime, come molti dei paesi della nostra provincia.
Pensiamo soltanto a realtà di volontariato, a loro modo, importanti di cui ultimamente si parla pochissimo: i Comitati Palio e le Pro Loco. Sono realtà di volontariato particolari con una forte valenza negli ambiti dell’animazione sociale e dell’integrazione, ma raramente considerati sotto questo punto di vista. Eppure in molti casi coprono vuoti lasciati, ad esempio, dai molti Oratori parrocchiali e circoli aziendali che non ci sono più o coinvolgono sempre meno giovani.

Ma il nodo vero da affrontare è senza dubbio quello che riguarda il tema complessivo dei servizi sociali, un settore cruciale sul quale la pubblica amministrazione, dopo anni di tagli e disimpegno, deve tornare a progettare, programmare ed investire per migliorare le prestazioni, ma anche per contribuire a rimuovere le cause del bisogno.
Occorre uscire dalla logica dell’emergenza e del ricorso costante, da parte della pubblica amministrazione, alla scorciatoia della delega delle proprie funzioni istituzionali al volontariato.

C’è poi il grande tema del nuovo assetto legislativo e organizzativo del cosiddetto terzo settore che assegna un ruolo di crescente importanza all’impresa sociale.
Sono stati fatti enormi passi in avanti, da quando, nel 1988, si tenne ad Assisi la prima Conferenza nazionale sul Volontariato, per iniziativa di un astigiano, l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Giovanni Goria.
Il volontariato è sviluppo, si disse in quell’occasione. Deve esserlo anche oggi e, soprattutto, domani, nella prospettiva di un corretto rapporto di sussidiarietà tra pubblico e privato.
Ma occorrono progetti che consentano di guardare avanti. Il volontariato non può solo essere blandito e usato per mettere toppe più o meno evidenti ad errori e ritardi della politica.

AstiOltre
Comitato spontaneo