Veleno d’api: così integra le cure convenzionali una giovane malata di sclerosi multipla

“Sono come un filo elettrico che ha perso il suo rivestimento esterno e gli stimoli non sono condotti correttamente”.

Si racconta a cuore aperto Giorgia De Silva, 34 anni, designer. Nel 2015 scopre di essere malata di sclerosi multipla recidivante-remittente aggressiva,  la “stronza malefica”, come la denomina nel blog che cura da alcuni anni, uno strumento per raccontarsi e dare sfogo a sentimenti ed emozioni, tra frustrazione e speranza. Speranza che inizia a prendere corpo nel 2019 grazie all’incontro con il mondo delle api.

“E’ stato molto difficile – racconta De Silva – Ho perso parte della vista, ho perso energia e sensibilità agli arti. Ho dovuto ricorrere a psicofarmaci. Poi nel 2019 incontro per caso a Barcellona, dove stavo lavorando, una ex compagna di Erasmus messicana che mi parla del veleno d’api, molto utilizzato nel suo Paese. Da quel momento mi sono informata e ho iniziato a curarmi con le punture d’ape senza abbandonare la terapia ospedaliera ma integrandola. Da due anni sono stabile. La malattia non è progredita. Ovviamente non posso dire se il merito sia solo del veleno d’ape. Quello che so è che grazie ai prodotti delle api, non solo veleno ma anche miele, propoli, polline e pappa reale, ho smesso di fare uso di psicofarmaci. Ho ritrovato l’energia che avevo perso e anche nei mesi di lockdown quando non potevo andare in ospedale le api mi hanno salvata. Un apicoltore mi ha installato un alveare nel cortile del palazzo dove abitavo”.

Ogni giorno da sola o con l’aiuto del padre faceva molte punture d’ape. Ora abita ad Asti e sta pensando di procurarsi un’arnia per non dover sempre chiedere delle api da tenere in un barattolo. Oltre al lavoro, dedica parte del suo tempo alla ricerca e alla sperimentazione. “Il veleno d’ape, che è possibile estrarre dall’insetto anche senza danneggiarlo in alcun modo, è un elemento in grado di poter apportare molti benefici al nostro corpo, sia a livello di salute che a livello estetico – spiega Winged girl, la ragazza con le ali, come si autodefinisce – Può essere estratto inserendo nell’alveare un apparecchio che rilascia scosse elettriche e che spinge le api a pungere per difendersi, in modo tale da rilasciare il veleno. Il loro pungiglione resta però ben ancorato e l’estrazione non ne provoca la morte. Le sostanze contenute nel veleno d’ape sono tantissime. Tra queste c’è la melittina, un potente antinfiammatorio che abbassa la pressione sanguigna e rende più permeabili i tessuti. Presente anche l’apamina, che stimola il sistema nervoso, il peptide 401 e l’istamina”.

Alla domanda se non ci siano rischi e se non abbia paura risponde così: “Non nego di fare sperimentazione su me stessa. Ma ero stufa di sentirmi stanca e ora sto molto meglio. Prima non riuscivo a fare niente ora vado in bici e a sciare. Purtroppo i medici non solo non riconoscono la cura con veleno d’api, ma non c’è l’apertura per provare a conoscere queste terapie. Queste pratiche sono molto diffuse in Messico, nell’Europa dell’est e anche in Spagna, dove c’è una persona che mi sta seguendo, anche se non è un medico. Assiste da 20 anni persone affette da sclerosi multipla con buoni risultati”.

Di apiterapia (insieme di trattamenti mirati al recupero del benessere, sia nell’ambito umano che veterinario, con i prodotti raccolti, trasformati e secreti dalle api) si è parlato recentemente a Cocconato in un corso di formazione. E’ qui che Giorgia De Silva ha portato la sua esperienza confrontandosi con il dottor Aristide Colonna, presidente dell’Associazione Italiana di Aperiterapia, ente organizzatore dell’evento.

Colonna, medico chirurgo, da oltre dieci anni si interessa di naturopatia e apiterapia e collabora con l’istituto di oncologia HC Marbella International Hospital per l’introduzione di protocolli terapeutici di fito-apiterapia integrati alle terapie tradizionali per la riduzione degli effetti secondari della chemio-radioterapia.  “L’apiterapia non è in contrasto con la medicina convenzionale ma può essere integrata – ha evidenziato il dottor Colonna – E’ necessario creare una equipe medica che abbia voglia di fare ricerca. Purtroppo i medici hanno paura delle possibili conseguenze come la sospensione dalla pratica medica, ma chi trova un medico disposto a fare apiterapia trova un tesoro!”

Il blog di Giorgia De Silva “the winged girl” si trova cliccando QUI