Le Rubriche di ATNews - Il Tri-angolo di Mengozzi

Il Tri-Angolo di Fabio Mengozzi: Da dove nasce il nome delle note

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Decimo appuntamento del 2021 con la rubrica mensile che arricchisce le proposte per i lettori di Atnews.it.

Da dove nasce il nome delle note

Anche se la scala musicale cosiddetta “temperata”, in uso in occidente, comprende complessivamente dodici suoni, è diffusa l’erronea convinzione che le note della scala musicale siano sette. Forse perché associate ai giorni della settimana e ai colori dell’arcobaleno, col passare del tempo “le sette note musicali” sono persino diventate un’espressione di uso comune. Va chiarito che ad essere sette, in realtà, sono solo i nomi con cui ci riferiamo ai suoni della scala; ma, un po’ come avviene per i nostri cognomi, in musica si può giustapporre un secondo termine al nome della nota. Si tratta del segno chiamato “diesis”, che alza l’intonazione del suono, e del “bemolle”, che la abbassa. Così facendo accanto alle celebri sette (Do-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si) si ricavano altri suoni, chiamati ad esempio col nome Do diesis, Re bemolle, Fa diesis, etc.. Per questo motivo all’interno di una ottava troviamo non 7 ma ben 12 suoni di altezza differente. Del resto, osservando lo spazio di un’ottava sulla tastiera del pianoforte noteremo chiaramente che al di sopra dei sette tasti bianchi (corrispondenti alle sette note) sono presenti altri cinque tasti neri appunto corrispondenti ai suoni cosiddetti “alterati” (cioè modificati attraverso l’uso del diesis e del bemolle).

A stabilire il nome delle sette note fu Guido d’Arezzo, un monaco vissuto tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo. Estrapolando la sillaba iniziale dai primi sette emistichi dell’Inno di San Giovanni e disponendo in successione quanto ricavato, Guido ottenne la sequenza ancora oggi in uso e che tutti conosciamo:

Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum

Solve polluti
Labii reatum
Sancte Iohannes

Il termine “Ut” fu successivamente sostituito con “Do” da Giovanni Battista Doni, probabilmente riprendendo la prima sillaba del proprio cognome. Tuttavia in Francia viene ancora oggi utilizzato il nome “Ut” al posto di “Do”, così come in ambito germanico e anglosassone ci si avvale di una notazione alfabetica che assegna una lettera ad ogni nota musicale (abbiamo così A per indicare il La, B per indicare il Si, C per il Do, D per il Re, etc…).

In qualunque modo le si chiami, le dodici note della scala temperata restano la materia prima con cui vengono creati i brani da parte dei compositori, per lo meno quelli occidentali visto che in molte altre parti del mondo si adottano anche sistemi musicali differenti. Ciò che determina la meraviglia che chiamiamo “musica” sono in realtà la relazione fra i suoni giustapposti e le combinazioni che si generano quando i suoni si sovrappongono, il loro muoversi nello spazio, la forma che si dà al brano. Il compositore estone Arvo Pärt, nato nel 1935 e fra i compositori viventi più eseguiti, ha genialmente ideato un brano per coro il cui testo è costituito dai nomi delle note musicali. La cosa sorprendente è come egli sia riuscito a raggiungere livelli di altissima espressività attraverso un procedimento compositivo apparentemente semplice, distribuendo i sette suoni della scala diatonica in una successione continua fra le quattro voci (soprani, contralti, tenori e bassi). Si intitola, appunto, “Solfeggio” ed è uno dei brani più noti ed eseguiti di questo compositore. Particolarmente interessanti sono anche le soluzioni adottate da Philip Glass, americano, fra i padri del minimalismo musicale, una corrente che si è imposta a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. Per i minimalisti, che spesso usano processi reiterativi, sono sufficienti pochissimi suoni per realizzare un brano: le note vengono inserite in un preciso e rigoroso schema formale, le cellule subiscono un processo di modificazione soprattutto attraverso la continua ripetizione; ciò che ne consegue è molte volte sorprendente, a dimostrazione di quanto creatività e sapienza compositiva siano in grado di generare capolavori anche servendosi di poche note.

Fabio Mengozzi

“Il Tri-angolo di Mengozzi” prende spunto da un intervento sul nostro quotidiano del musicista astigiano di fama internazionale Fabio Mengozzi, compositore, pianista, direttore d’orchestra e docente di musica, in seguito ai fatti di Corinaldo (clicca QUI).

L’obiettivo della rubrica è quello, sempre nel massimo rispetto delle scelte musicali di tutti, di fornire con nozioni semplici un punto di vista alternativo da quello che offrono ogni giorno i media, di educare ed indirizzare i giovani alla musica profonda, spirituale, in modo da ampliare le possibilità di scelta nell’ascolto della musica.

 

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