Cannabis light: cosa dice (ad oggi) la legge italiana

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Mentre entra nel vivo il dibattito sulla legalizzazione della cannabis e dei suoi derivati (sul tavolo ci sono una proposta di legge e un possibile referendum abrogativo), in Italia c’è già un tipo di ‘canapa’ perfettamente legale, acquistabile presso negozi fisici autorizzati sia online, tramite e-commerce specializzati come Prodotti-Cannabis, il miglior weed shop in Italia. Di cosa si tratta? Della cosiddetta “cannabis light”, che comprende sia marijuana che hashish, sostanzialmente privi di effetti psicotropi e psicoattivi. Questo mercato è emerso negli ultimi anni a seguito dell’entrata in vigore di una legge finalizzata ad incentivare lo sviluppo della filiera della canapa.

La normativa di riferimento

Il 14 gennaio 2017 è entrata in vigore la Legge n. 242 del 2 dicembre 2016 (“Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”). Il dispositivo stabilisce che è possibile coltivare, anche senza autorizzazione (art. 2), la Cannabis sativa L., l’unica tipologia di canapa ammessa alla coltivazione in Europa.

In particolare, la legge stabilisce che dalla canapa è possibile ricavare:
alimenti e cosmetici, nel rispetto delle norme di settore;
semilavorati, ossia fibre, canapulo, polveri, cippato, olio o carburante;
– materiale da destinare alla pratica agricola del sovescio;
– materiale da destinare a opere di bioingegneria e bioedilizia;
– materiale da impiegare nella bonifica di siti inquinati.

In aggiunta, è possibile coltivare la canapa a scopo didattico e per il florovivaismo, nonché per incentivare la ricerca presso istituti pubblici e privati.

Benché non sia necessaria alcuna autorizzazione, l’articolo 3 stabilisce, per i coltivatori, l’obbligo di conservazione (per almeno 12 mesi) dei cartellini dei semi acquistati per la coltivazione; al contempo, chi coltiva la canapa sativa L. ha anche l’obbligo di conservare le fatture di acquisto “per il periodo previsto dalla normativa vigente”. I controlli sulle coltivazioni sono appannaggio del Corpo Forestale dello Stato (art. 4).

I limiti di THC negli alimenti

Il THC, acronimo di tetracannabinolo, è il principio attivo dal quale scaturiscono gli effetti psicotropi e psicoattivi dei derivati della cannabis (marijuana e hashish). La legge sopra citata stabiliva che tale sostanza, negli alimenti, dovesse rispettare dei limiti ben precisi, individuati da un apposito decreto del Ministero della Salute. Tale decreto è arrivato con netto ritardo rispetto a quanto indicato originariamente dalla norma di riferimento, tant’è che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale soltanto il 15 gennaio 2020.

Il decreto individua i seguenti limiti di THC ammessi negli alimenti derivati dalla cannabis sativa L.:

2,0 mg/kg (0,2%) per i semi di canapa, sia interi sia tritati ma non ridotti in farina, e per la farina da essa ottenuti; la stessa percentuale è consentita anche negli integratori alimentari derivati dalla canapa;
5,0 mg/kg nell’olio ottenuto dai semi.

I prodotti che rispettano tali limitazioni sono solitamente definiti “light” (benché si tratti di un’identificazione non ufficiale ma ampiamente diffusa) perché, difatti, sono considerati innocui. Percentuali di THC così basso, infatti, non provocano alcun effetto psicotropo o psicoattivo; in altre parole, questi prodotti non sono ‘stupefacenti’ e, di conseguenza, possono essere liberamente prodotti e commercializzati.

Circa gli effetti che possono scaturire dall’assunzione di derivati light della canapa sativa, molto dipende anche dalla tolleranza individuale. In genere, cannabis e hashish light sortiscono effetti rilassanti e blandamente sedativi e, anche per questo, vengono consumati soprattutto per alleviare lo stress, ridurre la stanchezza e conciliare il sonno da parte di soffre di problemi di insonnia e dolori muscolari. Naturalmente, non si tratta in alcun modo di una cura medica e i disturbi sopra descritti, specie se in forma grave, vanno trattati seguendo le indicazioni del proprio medico curante.

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