L’11 settembre 2001 raccontato da Luigi Florio: le emozioni e i timori del sindaco di Asti quel giorno

11 settembre: una data che rimane impressa nella memoria di tutti noi. E, come tutti gli appuntamenti che fanno la storia, ognuno di noi si ricorda esattamente dov’era e cosa faceva nel preciso momento in cui arrivarono le terribili notizie da New York.

La nostra città in quei giorni era nel pieno del Settembre Astigiano: l’11 settembre era un martedì, il Festival delle Sagre si era tenuto la domenica precedente, alla sera ci sarebbe dovuta essere la Douja a Palazzo del Collegio e il Palio si sarebbe corso la domenica successiva. Abbiamo chiesto a Luigi Florio, allora sindaco di Asti, il suo ricordo di quel giorno.
Una testimonianza fatta di emozioni, ma anche di timori per una situazione completamente nuova e la responsabilità di organizzare un evento di massa nella nostra città a pochi giorni dall’attentato terroristico che scosse il mondo.

Avvocato Florio, si ricorda cosa stava facendo quel giorno?
Ero a Torino, a colloquio con il presidente Ghigo. Era il primo pomeriggio, all’incirca le 14 – 14:30. Durante la riunione non trapelò nessuna notizia, ma ricordo che appena sceso in Piazza Castello, l’autista del Comune che mi stava aspettando aveva l’autoradio accesa. “È successa una cosa terribile”, mi disse.

Cosa pensò?
Non appena il quadro fu più chiaro, capii la portata enorme di quello che era successo. Il mondo era cambiato, quello che era capitato a New York non poteva rimanere senza conseguenze. Pensai che ci fosse il rischio concreto dello scoppio di una guerra. Una guerra che avrebbe coinvolto tutti. Per fortuna, anche se l’11 settembre ha dato il via alla guerra al terrore con tutti i fatti che si protraggono fino ad oggi, un’escalation del conflitto su scala globale non ci fu.

Arrivato ad Asti cosa fece?
Riunii subito i capigruppo del Consiglio Comunale. Era una settimana calda per Asti, con il Palio alle porte, e diverse manifestazioni in programma. Decidemmo subito di abbassare le bandiere a mezz’asta ed annullare in segno di lutto le manifestazioni previste per quel martedì. Mi ricordo che era in programma un concerto dei Farinej d’la Brigna in Piazza San Secondo. Quella sera si chiuse anche la Douja. C’era chi proponeva di annullare il Palio della domenica, ma fu un’ipotesi che venne poi accantonata.

Il Palio è un evento con migliaia di persone. C’erano timori per la sicurezza?
Sicuramente, anche perché la concitazione di quei giorni ci faceva pensare che aver colpito New York, uno dei posti più blindati del mondo, poteva mettere in dubbio la sicurezza ovunque.
Come Amministrazione Comunale avemmo in quei giorni dei contatti stretti con il Prefetto e con le varie forze dell’ordine. Ci furono rassicurazioni sulla sicurezza e un impegno a rafforzare le misure di controllo. Il Palio si fece. Tra l’altro quell’anno avemmo come ospiti due premi Nobel: Rita Levi Montalcini e Gunter Blobel, vincitore del riconoscimento per la medicina nel 1999, marito di una piemontese, Laura Maioglio, titolare del ristorante Barbetta di New York. Fu emozionante avere un pezzo di quella città protagonista ad Asti quel giorno.

Come sindaco di Asti cosa fece davanti a quella tragedia?
Poco dopo l’attentato scrissi una lettera a tutti gli astigiani residenti a New York, comunicando la vicinanza e il dolore di tutta la cittadinanza. Quindi incontrai i rappresentanti della comunità musulmana di Asti: mi ricordo che insieme condannammo il vile attentato. A loro ricordai come Asti fosse una città accogliente, ma che nello stesso tempo pretendesse il rispetto delle leggi.

Lei ha sempre avuto rapporti con Ma’alot-Tarshiha. Come fu visto in Israele quell’ avvenimento?
Il gemellaggio con la città dell’alta Galilea si era fatto da poco. Telefonai al sindaco: c’era tensione per quanto era successo, ma gli israeliani erano abituati a vivere con normalità anche i momenti di tensione. La paura, come ho già detto, era quella che scoppiasse una guerra su scala globale, e che potesse coinvolgere anche lo stato ebraico. Per fortuna non successe nelle proporzioni che si paventavano in quei giorni, anche se è innegabile che da quella mattina di settembre il mondo purtroppo è cambiato.

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