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Pregiudizi di genere nello sport: il punto di vista di un giovane studente

Parità di genere, non solo nel lavoro, ma anche nello sport. La parola ad Andrea B., studente della Scuola Media Parini di Asti.


Ancora oggi ci sono differenze tra uomini e donne nello sport. Questo accade da vari punti di vista: lo sport femminile non ha ancora il riconoscimento che merita, a differenza dei maschi. E nonostante in occasioni come i mondiali le atlete abbiano avuto molta visibilità, in posti come l’Italia le ragazze sono spesso sottopagate, sottorappresentate e scarsamente tutelate rispetto ai colleghi maschi.

E non solo, parecchi sport vengono considerati solo per un genere: ad esempio il calcio viene definito da alcuni roba da maschi, o la danza viene definita da altri roba da femmine. Questo avviene molto per via degli stereotipi: spesso sono i genitori a impedire ai propri figli di non svolgere un determinato sport. Però questo è andare contro la curiosità e passione del proprio figlio. Sostenere una scelta controcorrente significa far sentire bambini e ragazzi sostenuti nelle proprie idee. Significa, anche, dare valore, con coraggio, a scelte diverse.

Tutto gira intorno al concetto di pregiudizi di genere: uomini e donne non sono uguali, lungi da me smentire questa verità, ma occorrerebbe andare oltre i pregiudizi e gli stereotipi. Quanti sono ancora convinti che uno sport tradizionalmente maschile se praticato da una ragazza debba per forza annullarne la femminilità, o, viceversa, uno sport svolto in gran parte dalle donne debba compromettere la virilità e la credibilità di un uomo? Ma in ogni caso, lo sport è espressione di sé, è vitalità, è vivere in squadra, è saper competere nel rispetto dell’altro. È cura di sé, è vedere il proprio corpo muoversi nello spazio in sintonia con la ragione. È forza, ma anche delicatezza. È rispetto, sana competizione, condivisione.

Andrea B.
Scuola Media Parini – Asti


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