PNRR, Ambiente Asti “Un capolavoro da prima repubblica, un’ulteriore occasione persa?”

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa di Ambiente Asti


Un’ulteriore occasione persa?
La politica nazionale e dei due ultimi governi ha trovato Asti e l’intera provincia impreparati anche solo a rispondere alle sfide che i tempi impongono. Anzi, il PRR, che usa i fondi europei per rispondere in modo fattivo all’attacco pandemico ha messo a nudo i ritardi, le ineguatezze e l’abbandono del territorio vero da parte delle istituzioni così come sono governate con supponenza.

Infatti la vicenda ingolfata di dotarsi di un Piano di Sviluppo di corsa per Asti e Provincia denota nel metodo e nel merito che nulla è cambiato nella testa di chi vuole comandare ad Asti.
Nel metodo: anomalo che un Sindaco proveniente da una Banca decida, insieme al presidente della Fondazione, azionista di maggioranza della banca stessa di avviare di corsa un Piano di Sviluppo coinvolgendo l’università di cui è anche presidente del Cda. Poi però si rivolgono ad un professionista esterno…
Tutto questo senza coinvolgere ne il Consiglio comunale, ne la Giunta, ne il cda della Fondazione bancaria. Anzi lo fanno in contrapposizione all’ente Provincia, con la pretesa di rappresentare anche il territorio fuori dalle mura urbane, coinvolgendo i Comuni con la solita delibera tipo che i comuni approvano senza leggerle mai… Invece andrebbe letta poiché è un capolavoro da prima repubblica. Infatti dice di accovacciarsi e lasciar fare a loro quando e se arriveranno dei fondi… genericamente e totalmente intesi. I comuni più avveduti, le imprese agricole e non solo , l’area nord della Provincia, l’ente Provincia stesso non si riconoscono affatto e proseguono per una loro strada. Esattamente come fanno tutti coloro che non sono coinvolti davvero come, ad esempio, i cittadini astigiani.

Ambiente Asti ha potuto visionare il piano di sviluppo della provincia di Asti, giunto a tutti i gruppi consiliari.
Tale analisi va a descrivere punti di debolezza, di forza, le opportunità, le minacce su vari assi di sviluppo rispetto al nostro territorio.
Tale documento è stato dichiarato come bozza e che verrà presentato in Consiglio Comunale.
Nonostante tale dichiarazione è stato oggetto di conferenza stampa, a cui ha dato risalto la stampa locale.
Il piano di sviluppo contiene spunti interessanti, anche se mancano molti aspetti della realtà astigiana, lacune che forse derivano dall’assenza al tavolo di molti stakeholders come spesso segnalato dalle minoranze in consiglio comunale.
Se il quadro che ne esce del territorio non è certo di un territorio in salute, vengono poi declinati 7 obiettivi prioritari.
A parte alcuni strafalcioni su cui torneremo in seguito tra linee strategiche e idee di progetto, ad esempio quando si parla di un territorio multiculturale, inclusivo e coeso, le idee di progetto sono un po’ fuori tema.

Uno degli aspetti su cui si pone l’attenzione l’analisi, ad esempio, sono le ferrovie, ma sulle ferrovie nelle richieste di finanziamento del Recovery Fund del comune c’è davvero poco.
Ancora non capiamo se l’idea del Comune è di recuperarle a un utilizzo o trasformarle in piste ciclabili.
Unica idea che coincide tra finanziamenti richiesti e analisi è il polo enologico e enomeccanico che è condivisibile. Unico elemento privilegiato è infatti l’enomeccanica che viene inserita addirittura nelle direttive strategiche nazionali… troppa grazia!
Su agricoltura molto poco anche nel piano di sviluppo, se si tralascia il settore enologico.
Le linee strategiche sembrano un libro dei sogni, molto lontano da quell’elenco di progetti consegnato dal Comune e frutto proprio del tavolo.
Sulla perdita di identità urbana e territoriale, sulle cause dello stato in essere, sulle iniziative e sui progetti per uscirne si ripetono e si riportano pedestremente solo gli obiettivi nazionali.
Visto anche di corsa il prodotto partorito con un travaglio tanto breve quanto contorto e improprio ci si trova di fronte ad un documento che chiunque può giudicare come fatto di corsa e solo per tentare di rispondere ad un dovere. Insomma molte cose generali e generiche e non un progetto vero. Della serie: dobbiamo fare sta cosa perché arriveranno i soldi. Le informazioni serie e quelle meno vengono raccolte e sparse sulle cartografie della provincia come fossero capperi su una pizza senza indirizzo, senza misura, senza in posizione ed una strategia economica e territoriale dichiarata.

Sacco e Rasero nella conferenza stampa successiva hanno parlato di innovazione, transizione ecologica, ma tra analisi SWOT e piano di sviluppo presentato in conferenza stampa e progetti legati al Recovery Fund non c’è coerenza.
Forse hanno avuto fretta di presentare l’analisi, le linee di sviluppo del territorio e non si son resi conto che stridono con i progetti presentati dal Recovery Fund (frutto dello stesso tavolo), dove è assente il tema sanitario (che risalta con le sue problematiche nell’analisi), dove la digitalizzazione occupa solo un misero 1,4% in termini di budget, che la transizione ecologica vera si attesta al 14 % e a che fare da parte del leone sono progetti datati (infrastrutture) che arrivano al 63% del budget, ma anche istruzione e ricerca e coesione sociale se la passano male.
E’ vero che si punta a un polo di innovazione tecnologica proposto dagli stakeholders, ma il resto dei progetti del recovery fund va in altro verso.
Risulta ancora da capire il ruolo della Provincia, perché i veri mattatori delle conferenze appaiono Comune di Asti e Polo Universitario, attraverso il Presidente della Fondazione.

Riteniamo che se uno sviluppo di un territorio articolato come il nostro va ricercato, l’attore principale debba essere proprio la Provincia di Asti. Sui giornali è finita la presentazione di obiettivi strategici non supportati da scelte: quelle che son state fatte con l’elenco dei finanziamenti richiesti.
L’immagine che ne deriva è come quando si chiede se “Il vino è buono?” all’oste. Ovvio che lui risponda di sì. Noi il vino lo abbiamo assaporato e analizzato e purtroppo sa ancora di vecchi progetti, infrastrutture e poco di innovazione, di vignaioli che dialogano tra loro e si confermano la bontà del reciproco vino.
Tutti ripetono che è una occasione unica per l’intero paese, che questa occasione non si ripeterà mai più. Noi ad Asti possiamo dire che a noi appare come l’ennesima occasione persa a causa e a responsabilità dei soliti noti.
Peccato che Asti e il suo territorio meritino di più, ma manca un anno alla fine di questo modo di progettare e comunicare.