Lettere al direttore

Un docente deluso: “È un concorso per docenti straordinariamente privilegiati”

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Riceviamo e pubblichiamo


In questi giorni ho dovuto saltare la procedura straordinaria per il ruolo a scuola perché positivo al covid e il Ministero si è già espresso sull’impossibilità di prove suppletive.
Quale migliore occasione che un concorso in questo periodo per rischiare di cacciare docenti capaci e competenti, che hanno passione per il proprio lavoro!?
Quello che sta avvenendo in questi giorni è quanto di più abietto, schifoso e fonte di disuguaglianze che sia mai accaduto nella scuola recente.
A scuola ci ammaliamo, e non solo io ma anche tanti colleghi che conosco.
Pur seguendo in maniera puntuale tutti i protocolli suggeriti dall’Asl e le linee guida del ministero, da noi all’IIS Giobert di Asti solo 11 docenti non erano in quarantena su una settantina, così come la metà delle classi era costretta a casa.
Il virus si propaga per via aerea e con le persone.
Se non erano sicuri gli ospedali nella prima ondata come pretendevamo che lo fossero tante scuole vetuste e pieni di ragazzi?

Io di fronte a tutto ciò ero certo che per partecipare sarebbe stata una corsa ad ostacoli tra l’evitare di contagiarsi e lo schivare le eventuali quarantene fiduciarie o sperare che finissero il 30 di ottobre, giorno della fatidica prova di matematica e fisica.
Seppur nello schifo, nella mia visione eravamo tutti nella stessa barca. Ho scoperto che però non era proprio così.
Alcuni colleghi si sono messi d’accordo con i presidi prendendo aspettativa e scomparendo due settimane prima del concorso, cosa legalmente possibile ma eticamente molto scorretta, vedendo le difficoltà che avevano le scuole. Altri ancora sono riusciti ad avere indicazioni dal Sisp sul gestire la quarantena e affrontare il concorso in sicurezza mentre altri, che non hanno alcun aggancio con le Asl incontattabili, non sono potuti andare per un giorno.
A questo aggiungo i docenti con maggiori ristrettezze economiche e che vivono ancora con i genitori, costretti a dover scegliere tra la salute dei propri cari e la possibilità di un impiego fisso, perché, ricordiamolo, l’anno prossimo potremmo tutti trovarci a casa.

E io cosa ho fatto? Mi ammalo in media una volta ogni quattro anni e l’8 di ottobre mi è presa la febbre alta con tosse. Anche su suggerimento del medico ho richiesto un tampone e ho aspettato 17 giorni per farlo, ma questa è un’altra lunghissima storia.
Risultato, positivo. Concorso saltato.
Dover ricominciare lavorativamente da capo come se fossi appena laureato. Con tutte i ragazzi e le scuole che sono state parte di me e da cui mi sono dovuto separare, tutte le mie esperienze che è come se non fossero mai esistite.
Io che provavo a collegarmi con le mie classi anche se in malattia, io che sono andato e sarei andato finchè ho potuto mentre molti altri che in un modo o nell’altro un po’ “all’italiana” sono riusciti a partecipare.

Ripenso al fatto che se non mi fossi preoccupato del tampone sarei tornato a scuola di lunedì, asintomatico ma covid positivo, come se niente fosse, senza togliermi questa possibilità di andare al concorso.
O avrei potuto evitare di prendere servizio fino ad ottobre direttamente per avere la certezza di andare, chiedendo ai miei i soldi per sopravvivere in questi due mesi e fregandomene della mia missione.
E invece no, mi dico che ho fatto bene nel mio piccolo, che ho lavorato fino alla fine e preservando la salute di tante persone, ma sono profondamente danneggiato. E immagino quante storie oltre alla mia ci siano, molto più tragiche.
Sono però convinto che in un momento di grossa ingiustizia sociale questa non fosse necessaria e vada oltre qualunque buon senso. Perché danneggia chi a scuola ci è davvero andato e ha servito con passione e amore per il proprio lavoro lo stato e le generazioni che verranno.

Un docente deluso
Carmine Monaco

Image by Gerd Altmann from Pixabay

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