Lettere al direttore

Uniti si Può: “Si, siamo nelle condizioni ideali per farci soffiare anche la casa di riposo”

Riceviamo e pubblichiamo


Qualche settimana fa abbiamo presentato un’interpellanza riguardo il futuro della Casa di riposo Città di Asti. La risposta da parte dell’Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Asti, controfirmata dal sindaco Rasero, è, come sempre, “debole” e raffazzonata, e conferma secondo noi la scelta, perseguita da tempo, di procedere alla privatizzazione della struttura.
I nostri Amministratori, temendo ripercussioni politiche negative, si fanno scudo dietro i debiti della struttura: debiti che, a detta dei funzionari della Regione, renderebbero oggettivamente necessaria la privatizzazione, per evitare il rischio di procedere alla liquidazione dell’IPAB.
La situazione debitoria della Casa di Riposo è certamente preoccupante, ma Sindaco ed Assessore non ne spiegano né la genesi né le cause principali. Neppure spiegano perché i privati, che sono dediti allo sviluppo delle loro attività e non alla filantropia, dovrebbero farsi carico di debiti che si sono formati a seguito del disimpegno degli Enti Pubblici del nostro territorio nei confronti della Casa di Riposo.

Nel 2006 le parti pubbliche (ASL, Comune e Provincia) firmarono un accordo con la Casa di Riposo e le parti sociali che, se applicato, avrebbe garantito un sereno futuro al nosocomio. Esso prevedeva un adeguato numero di posti letto per ospiti autosufficienti e per anziani non autosufficienti (RSA), la creazione di un hospice per malati terminali e la realizzazione di due reparti di “residenzialità medicalizzata” per favorire le dimissioni protette dall’Ospedale.
Tale accordo riconosceva positivamente il ruolo della Casa di Riposo (che rimane tutt’ora la più grande struttura del Piemonte) come elemento di raccordo tra sanità ed assistenza in senso più generale, valorizzando il sostegno dato dalla struttura alle attività sociali del Comune.
Purtroppo le diverse parti pubbliche si sono progressivamente sfilate dalla realizzazione di quanto promesso:
– dal 2013 sono venuti meno i trasferimenti relativi alle dimissioni protette ed in pochi anni ciò ha comportato una forte riduzione dei trasferimenti dell’ASL, per la cui organizzazione la Casa di Riposo aveva sostenuto costi non indifferenti;
– l’ASL ha inoltre disatteso l’impegno di realizzare un hospice, istallando una sola struttura di questo tipo presso l’ex ospedale di Nizza Monferrato.

Queste scelte, sempre avallate dalle diverse maggioranze che hanno gestito il Comune di Asti, hanno creato notevoli problemi di bilancio: al punto che, il Consiglio di Amministrazione, dopo aver in un primo tempo cercato di nascondere le difficoltà, ha dovuto rassegnare le dimissioni di fronte alla importante crescita del deficit di bilancio.
Nel 2016 venne nominato un Commissario, senza che in Consiglio Comunale fosse data la possibilità di discutere un progetto di indirizzo finalizzato al rilancio della Casa di Riposo.
In tutti questi anni i due Sindaci ed i due Assessori ai Servizi Sociali che si sono succeduti hanno lasciato piena autonomia al Commissario, senza che fosse mai reso pubblico un progetto di recupero della struttura, almeno per quanto di conoscenza dei consiglieri.
Chi, dentro e fuori il Consiglio Comunale, chiedeva un minimo di chiarezza sul futuro della Casa di Riposo veniva accusato di remare contro, di spaventare gli anziani e le loro famiglie, inducendoli a scegliere altre strutture di ricovero.
I risultati di tale gestione non devono essere stati particolarmente brillanti se dopo quattro anni i funzionari della Regione, a quanto pare con il pieno consenso dei responsabili del Comune, valutano che non resti nessuna alternativa alla privatizzazione.

Noi pensiamo che la privatizzazione della Casa di Riposo di Asti sia profondamente sbagliata. Non si tratta di una posizione ideologica ma di una scelta giustificata dalle attività svolte nel tempo dalla Casa di Riposo in merito alle dimissioni protette degli anziani, all’assistenza ai non abbienti ed alle persone in difficoltà, al mantenimento di una corretta politica di definizione delle delle rette che spesso è servita da calmiere del mercato. Ci chiediamo chi, dopo la ventilata privatizzazione, continuerà a farsi carico di tali incombenze.
Inoltre riteniamo, sulla base di dati oggettivi, che nel nostro territorio siano fortemente carenti i servizi sanitari territoriali e di pertinenza non strettamente ospedaliera: ci sarebbe bisogno almeno di un ricovero Hospice di dimensioni analoghe a quello di Nizza e di due Case della Salute per la Città.
Perché non collocare parte di queste strutture presso la Casa di Riposo, che pure ha ampi spazi sottoutilizzati? È possibile che l’ASL debba rivolgersi alla Casa di Riposo soltanto per le dimissioni Covid, e non possa invece pensare di investire creando una struttura in grado di fare sinergia con l’Ospedale anche una volta passata la pandemia?

Insomma: la privatizzazione può essere la scelta più facile, ma non è certo inevitabile e renderebbe ancora più povera questa città, ridotta ormai a “terra di conquista” non più in grado di gestire alcun servizio autonomamente.
Infine invitiamo il Comune di Asti, che per legge deve coprire le rette degli incapienti residenti sul suo territorio, a rendere pubblico l’ammontare delle pendenze verso la Casa di Riposo ed i tempi con cui intende salvarli.
Francamente ci parrebbe inaudito se si venisse a scoprire che il Comune, mentre agita lo spettro dei debiti della Casa di Riposo, contribuisce ad aumentarli con la propria morosità.

Asti, 1 ottobre 2020
Per Uniti si può
Mauro Bosia
Michele Anselmo