Restrizioni Covid: in difficoltà anche le aziende agricole

Coldiretti Asti: la chiusura alle 18 colpisce pesantemente agriturismi e cantine. Attesi i primi indennizzi a fondo perduto

“Ci apprestiamo ad affrontare un altro periodo terribile, oggi più che mai occorre intervenire a supporto delle imprese e avere uno spirito unitario a difesa delle produzioni locali e del made in Italy in generale”. Non nasconde le sue preoccupazioni il presidente provinciale Coldiretti, Marco Reggio, dopo le prime limitazioni poste dal Governo e dalla Regione Piemonte per arginare la nuova ondata della pandemia.

“Rispetto alle restrizioni di questa primavera – precisa il direttore Diego Furia – oltre alla chiusura solo parziale, ci sono anche le attività di ristorazione e di alloggio connesse alle aziende agricole, contemplate nel decreto “Ristoro” varato ieri dal governo per risarcire i mancati incassi. Sono previsti indennizzi a fondo perduto con un meccanismo ancora in fase di messa a punto, ma che sarà gestito dall’Agenzia delle Entrate, e che si spera possa ricomprendere un contributo anche per le altre aziende agricole in difficoltà, come le cantine vinicole, a causa della chiusura dei canali horeca”.

La chiusura anticipata alle ore 18 penalizza pesantemente il settore agricolo. Le sole vendite di cibi e bevande nel settore della ristorazione sono praticamente dimezzate (-48%) nel corso dell’anno, con un impatto drammatico a valanga sull’intera filiera, dai tavoli dei locali fino alle aziende agricole e alimentari nazionali. E’ quanto emerge da una elaborazione Coldiretti sulla base dei dati Ismea sulle pesanti conseguenze dell’emergenza Covid.

Il crack della ristorazione con il crollo delle attività di bar, gelaterie, pasticcerie, trattorie, ristoranti, vinerie, pub e pizzerie ha un effetto negativo sull’intero agroalimentare nazionale, con una perdita di fatturato di oltre 9,6 miliardi per le mancate vendite di cibo e bevande nel 2020. Un drastico crollo dell’attività che – sottolinea la Coldiretti – pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino all’olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.

“Qui nell’Astigiano – sottolinea Furia – prestiamo particolare attenzione alle criticità del settore vitivinicolo che per fatturato ha nella ristorazione il principale canale di commercializzazione. Non dimentichiamo che nell’attività di ristorazione in Italia sono coinvolte circa 330 mila tra bar, mense e ristoranti, che si approvvigionano da 70 mila industrie alimentari e 740 mila aziende agricole lungo la filiera per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro”.

L’emergenza rischia di penalizzare ingiustamente anche l’agriturismo nazionale che può contare secondo “Campagna Amica” su 24 mila realtà diffuse lungo tutta la Penisola spesso situate in zone isolate in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all’aperto.

Negli agriturismi è verosimilmente più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche e alleggerire gli assembramenti nelle città. “Dopo il lockdown – spiega Giovanna Soligo presidente degli Agriturismi di Campagna Amica dell’Astigiano -, le nostre strutture si sono ulteriormente attrezzate per riaprire in totale sicurezza, anche grazie proprio agli ampi spazi di cui in campagna possiamo godere. Le cene sono una voce rilevante per il bilancio delle nostre aziende per cui l’asporto e le consegne a domicilio, seppur importanti, non sono sufficienti a coprire le perdite provocate dai nuovi divieti”.

Un dato su tutti: 6 italiani su 10, esattamente il 63%, cenava fuori casa almeno una volta al mese. A questo si aggiunge che per molte strutture la pausa pranzo non è sufficiente per garantire la copertura dei costi, tenuto conto anche della mancanza di turisti e della diffusione dello smart working che ha drammaticamente tagliato il numero di clienti.

“Le limitazioni alle attività di impresa – conclude il presidente Reggio – devono, dunque, prevedere un adeguato sostegno economico lungo tutta la filiera e misure come il taglio del costo del lavoro con la decontribuzione protratta anche per le prossime scadenze, superando il limite degli aiuti di Stato. Gli interventi a fondo perduto devono essere rapidi per agriturismi e ristoranti in modo da incentivare l’acquisto di prodotti alimentari Made in Piemonte”.