Smart working nel Pubblico Impiego: “Un’opportunità, non una vacanza”

La CISL FP Alessandria Asti interviene sul dibattito sullo smart working.
Nei giorni scorsi – spiegano in una nota stampa – abbiamo assistito, attoniti, ad una serie di affermazioni da parte di politici ed amministratori pubblici sul fatto che lo smart working, reso obbligatorio per i dipendenti pubblici dal coronavirus, sarebbe stato una sorta di vacanza retribuita.”

Alla luce del lavoro pratico svolto in questi mesi da molti dipendenti pubblici, queste parole non sono passate inosservate.
Come dipendenti pubblici – prosegue la nota – siamo profondamente offesi da queste parole, non supportate da nessun argomento ma sufficientemente generiche da instillare il dubbio nelle persone, e dunque pericolose nel loro qualunquismo.”

Lo smart working ha permesso a molti servizi pubblici di andare avanti, ovviamente non quelli che richiedevano necessariamente la presenza fisica con gli utenti, ma tutta una serie di altri servizi della Pubblica Amministrazione sono andati avanti proprio grazie al lavoro da casa, come ci spiega Salvatore Bullara, Coordinatore provinciale CISL INPS.
Anzi, lo smart working può anche favorire la produttività del dipendente pubblico che si organizza al meglio il proprio lavoro. Ovviamente non può essere un mezzo esclusivo di lavoro, ma potrebbe essere, opportunamente integrato con il lavoro in ufficio, una occasione anche di risparmio in termini di spazi per lo Stato.

L’attacco generalizzato allo smart working stona anche con quanto dicono i dati. Come spiega la nota stampa della CISL FP Alessandria Asti che prosegue citando numeri che confermano tutto questo.
Quelli che parlano in questo modo, o hanno una scarsa conoscenza dell’organizzazione del lavoro pubblico o, più probabilmente, hanno la necessità di sviare l’attenzione della pubblica opinione da altri problemi ben più gravi. Alle loro intemerate senza fondamento rispondiamo con dei dati certi proponendo l’esempio dell’INPS.
Durante il lockdown, nei mesi di marzo e aprile 2020, gli sportelli fisici sono stati chiusi, ma l’attività lavorativa è proseguita, e anzi la produzione di servizi della sede INPS di Asti è aumentata, sia rispetto ai corrispondenti mesi del 2019 che rispetto al mese di febbraio 2020.

L’incremento dei servizi resi è stato evidentemente esponenziale nel caso della liquidazione di prestazioni (ad esempio i pagamenti diretti ad aprile 2020 sono aumentati di oltre il 2000% rispetto al mese di aprile 2019, mentre la liquidazione delle pensioni di vecchiaia si è “solamente “ triplicata e quella delle pensioni di anzianità raddoppiata…) ma comunque è stato generale su tutti i tipi di pratiche, tanto che alla fine del mese il risultato in termini di prodotto omogeneizzato è stato del +10% rispetto a febbraio 2020 e di ben il +35% rispetto il corrispondente mese di aprile 2019 ( e questo nonostante nel frattempo il personale in servizio sia diminuito per effetto dei vari pensionamenti).

Non sono ancora disponibili i dati disaggregati della produzione del mese di maggio, mese in cui i dipendenti dell’INPS hanno lavorato anche i sabati e le domeniche per fare arrivare le prestazioni COVID alla popolazione nel più breve tempo possibile, ma la Direzione Regionale ha già comunicato che la produzione ha avuto un ulteriore aumento del 40% .

Quelli sopracitati sono tutti dati ufficiali, elaborati dalle procedure informatiche dell’Istituto, non frutto di fantasiose teorie di parte o di, peraltro legittime, difese di categoria, e di fronte a questi dati crediamo che non ci sia bisogno di aggiungere altro se non la richiesta ai politici e agli amministratori pubblici di rispettare di più i lavoratori pubblici, che ancora una volta, ognuno nel suo ruolo e con le proprie competenze, sono stati quelli che hanno permesso al Paese di andare avanti.”