Libri di ieri, libri di oggi

“Una lezione per tutti!” oggi propone un interessante approfondimento sulla storia del libro, a cura del prof. Fabrizio Biglia dell’ITIS “A. Artom”, sede di Canelli. Il 23 aprile, dal 1996, l’Unesco (l’agenzia dell’Onu che patrocina l’educazione, la scienza e la cultura) ha celebrato la giornata mondiale del libro e del diritto d’autore. Il libro è sempre stato protagonista del maggio piemontese con il Salone del Libro, che quest’anno si svolgerà in versione web dal 14 al 17 maggio.


Libri di ieri, libri di oggi 

In questo contributo, intendo ripercorrere brevemente le principali tappe evolutive che hanno condotto al libro come contenitore di opere dell’ingegno umano, tralasciando, perciò, tanto i supporti scrittori non propriamente portatili (pareti e altre parti di templi ed edifici laici, monumenti, stele, cippi) quanto quelli sì mobili, ma di carattere non letterario (documenti, lettere, conti, messaggi privati).

Sperimentazioni antiche nell’area mesopotamico-mediterranea

Le prime forme di scrittura, quelle dei Sumeri in Mesopotamia e degli Egizi nella valle del Nilo, sono datate, rispettivamente, alla seconda metà e alla fine del IV millennio a.C.

tavoletta
Fig. 1

In Mesopotamia la scrittura sumerica, detta cuneiforme dalla forma a cuneo dei segni, trovò un supporto nel materiale più abbondante della regione: l’argilla. Questa, compattata in forma di tavoletta (fig.1), veniva poi incisa con uno stilo mentre ancora fresca. Un mito sumerico ne racconta così l’invenzione: “poiché la bocca del messaggero era pesante e non riusciva a ripetere il messaggio, il signore di Kullaba appiattì l’argilla e vi mise delle parole sopra, come una tavoletta. Fino a quel momento, non vi era mai stato chi mettesse delle parole sull’argilla”.

La scrittura cuneiforme su tavolette fu poi adottata, nei millenni successivi, anche dagli altri abitanti della Mesopotamia (Accadi, Babilonesi, Assiri), da quelli dell’Anatolia (Ittiti) e dell’altopiano iranico (Persiani).

L’Egitto invece, terra perlopiù desertica e arida, non offriva argilla ma sulle fertili sponde del Nilo cresceva abbondante una pianta: il papiro. Le sottili strisce di fibre tagliate dal suo fusto venivano allineate e sovrapposte in due strati uniti tramite pressatura. I fogli così formati venivano poi incollati tra loro in teli, normalmente lunghi 1,5-2 metri, che venivano arrotolati (fig. 2) e su cui i segni delle varie scritture egizie (geroglifica, ieratica, demotica) venivano tracciati a inchiostro. Il rotolo fu poi adottato anche da Fenici ed Ebrei, Greci (fig. 3) e Romani per le loro scritture alfabetiche, tra la fine del II e il corso del I millennio a.C.

rotolo figura 2
Fig. 2

figura 3
Fig. 3 La poetessa greca Saffo legge un rotolo di papiro. Da un vaso attico, V sec. a. C. (Papiri greci)

Verso la forma attuale

Il rotolo di papiro, inventato dagli Egizi e poi, come visto, adottato da altri popoli mediterranei tra cui i Greci e i Romani, rimase il supporto mobile più diffuso per tutto il I millennio a.C.

Nello stesso periodo entrò nell’uso, marginalmente, anche un altro supporto costituito da tavolette di legno sovrapposte e tenute insieme con un anello o un legaccio di cuoio. In latino, esso veniva chiamato codex (“codice”, propriamente “tronco d’albero”, mentre il rotolo di papiro era detto volumen, dal verbo volvere: “girare”, “rotolare”); tuttavia, esso riuscì ad affermarsi progressivamente, probabilmente già dal II secolo d.C., sicuramente dal IV, nelle due varianti in fogli di papiro o di pelle lavorata (membrana, pergamena, cuoio). Nel restante corso del I millennio d.C., il codice soppiantò definitivamente il rotolo di papiro in Europa, rivelandosi vincente per questioni di spazio e praticità e, forse, anche di autorità: poteva contenere opere più lunghe, poteva essere letto da un leggio con una mano sola (il rotolo necessitava di entrambe le mani per essere retto e srotolato) e, a quanto pare, fu prediletto dagli evangelisti per trascrivere i primi resoconti della vita di Gesù.

Il libro, affermatasi la forma in codice, andò incontro ad altre due evoluzioni nel II millennio, una del materiale, l’altra della tecnologia scrittoria.

La carta, originaria della Cina e introdotta nel Mediterraneo dagli Arabi, sostituì sia la pergamena sia il papiro a partire dal XII secolo; nel XV secolo, la stampa a caratteri mobili, introdotta da Gutenberg in Germania, soppiantò sempre più rapidamente la scrittura e la copiatura manuali, sebbene ancora oggi esistano copisti amanuensi professionisti (fig.4).

figura 4
Fig. 4

Da allora, la forma, la tecnologia scrittoria e il materiale del nostro libro sono rimasti press’a poco inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, così massicciamente penetrata nel nostro presente, è riuscita a modificarli: se ormai siamo avvezzi a guardare uno schermo (siamo costantemente intenti ai nostri telefoni o, per lavoro, ai computer), è pur vero che la maggioranza non riesce a leggervi se non per un lasso di tempo e uno spazio di pagine alquanto limitati (pari alla lunghezza di questo contributo, per esempio).

Raccogliere e conservare, tramandare e promuovere

Nata per fini contabili e amministrativi, la scrittura presto fu adattata anche a testi di natura letteraria, sapienziale, religiosa; anch’essi, comunque, destinati alla fruizione di una ristretta cerchia di persone (re, cortigiani, sacerdoti e scribi). I custodi della scrittura e della lettura erano gli scribi, che costituivano una casta a cui si accedeva, normalmente, per tradizione familiare e dopo la frequenza di una scuola assai duratura e faticosa.

La conservazione in appositi archivi palaziali o templari di rotoli/tavolette valse sicuramente, in un primo momento, per i documenti amministrativi e contabili ma in seguito anche i racconti di intrattenimento, tramandati a voce, iniziarono a essere posti per iscritto e a essere conservati in strutture apposite.

Le prime biblioteche di cui si conosca storicamente la fondazione risalgono all’impero assiro della fine del II millennio a.C.; quella voluta dall’imperatore Assurbanipal nella capitale imperiale, Ninive, nel VII sec. a.C, fu sicuramente la più ampia e organizzata.

Successivamente, tra il IV e il III secolo a.C., si deve a Tolomeo I, iniziatore della dinastia macedone d’Egitto, la fondazione della più nota biblioteca dell’antichità: quella di Alessandria, la nuova capitale reale.

Da allora a oggi, le biblioteche si sono diffuse sempre di più, dai monasteri medievali alle residenze private delle Signorie italiane ed europee del Rinascimento, fino alle odierne biblioteche civiche sparse anche nei comuni e nei paesi più piccoli delle nostre province.

Con il trascorrere del tempo, infine, è avvenuta un’evoluzione dalla concezione statica del manufatto librario e del suo contenuto d’ingegno (la conservazione) a quella dinamica (la promozione e la diffusione). Da questo cambio di prospettiva è scaturita anche la creazione di appositi enti, perlopiù pubblici di livello nazionale o internazionale, che mirano a salvaguardare ogni aspetto della cultura libraria: in Italia, per esempio, la Direzione generale Biblioteche e diritto d’autore2 all’interno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (MiBACT); a livello mondiale, invece, l’Unesco con le sue iniziative, come quella che ha ispirato questo breve compendio storico.

Prof. Fabrizio Biglia

Bibliografia e sitografia delle immagini

https://memorialscrollstrust.org/index.php/czech-scrolls-museum/the-scrolls

https://research.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details/collection_image_gallery.aspx?assetid=322193001&objectid=309929&partid=1

Schulz, Regine; Seidel, Matthias (a cura di), Egitto, la terra dei faraoni, Gribaudo, 2007

Turner, Eric G., Papiri greci, Carocci editore, Roma, 2014