Il Cerchio magico: Fase 2, le scelte contano. E sono difficili

La fase 2 è iniziata, molte persone sono tornate a lavorare, i parchi sono stati riaperti, mentre le aree gioco restano chiuse. Siamo pieni di domande: possiamo andare a trovare i nonni che abitano in un’altra regione? In quanti possono viaggiare in una macchina? I bambini possono ritrovare almeno 1-2 amichetti?

In qualche modo il lockdown ci ha dato dei paletti certi che, con l’andare delle settimane, sono diventati faticosi, ma anche rassicuranti, perché abbiamo imparato a starci dentro. Ora, invece, è tutto da inventare e le reazioni sono varie: da chi è corso immediatamente ad approfittarne e chi continua a restare chiuso in casa, incapace di recuperare anche il poco di libertà ora concessa.

Sono tutte reazioni legittime, comprensibili, in qualche modo prevedibili, quel senso di incertezza che sentiamo penetrare tutte le nostre più piccole scelte non è facile da sostenere e quindi è normale ricorrere a semplificazioni: che sia il “liberi tutti” o il “restiamo nelle caverne”. Quello che invece siamo chiamati a fare, a mio parere, non è solo imparare ad assumere comportamenti corretti come lavare continuamente le mani, mantenere il distanziamento sociale, usare la mascherina, perché quelli li impareremo e diventeranno meccanici in poco tempo, quello che siamo chiamati a fare è ben altro: è discernere di volta in volta rischi e benefici connessi a ciò che dobbiamo o vogliamo fare; si tratta di entrare nell’ordine di idee che c’è una quota di rischio (per noi e per gli altri) che siamo chiamati ad assumere e decidere sulla base di quella. Si tratta di pensare che nessuno è al sicuro se non lo siamo tutti, perché la nostra interconnessione è diventata incredibilmente evidente: non c’è povero o ricco, donna o uomo, grande o piccolo… non ci si salva da soli, mai, tanto più ora. Nelle nostre scelte c’è da mettere sul piatto della bilancia il bene comune, non solo il nostro o quello del nostro nucleo familiare.

Non è facile, non è indolore, va contro gli slogan e sicuramente non è nell’orizzonte di spontaneità che desidereremmo poter esercitare, ma è così e bisogna tenerlo presente. Quindi se le semplificazioni sono comprensibili, occorre però prenderne coscienza e tematizzarle, superarle: anche per insegnare ai nostri figli che non sono soli in questo mondo, che i loro desideri sono legittimi, ma non sono l’unico criterio che deve guidarli.

Non credo che usciremo da questa pandemia migliori, però sarebbe bello che ne uscissimo un po’ più capaci di riflettere sulle conseguenze delle nostre azioni.

Paola Lazzarini

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