CGIL Asti e NIDIL CGIL: “No alla reintroduzione dei voucher”

Riceviamo e pubblichiamo.


Siamo venuti a conoscenza che, al Consiglio Comunale di oggi 14 maggio, verrà presentato un Ordine del Giorno che impegna il Sindaco di Asti a farsi interprete, verso il Governo ed i parlamentati locali, della richiesta per la reintroduzione dei Voucher per la retribuzione delle lavoratrici e dei lavoratori.

Una richiesta che, se accolta dal Governo, indebolirà ancora di più i diritti dei lavoratori ed amplierà il lavoro nero. I vecchi voucher lavoro sono stati fin da subito uno strumento flessibile di sfruttamento. Sembra che ci si sia dimenticati dei milioni di voucher acquistati, in trasformazione di rapporto di lavoro stabili soprattutto nel Commercio e nelle attività domiciliari, che portarono al dispiegamento di eserciti di persone senza contratto utilizzate senza garanzie nei più disparati ambiti.

Furono introdotti nel 2003 per combattere le retribuzioni in nero, nel settore Agricolo, e di fatto diventarono subito una foglia di fico che contribuì a coprire giornate di lavoro nero. Commesse, impiegati, braccianti spesso si videro riconosciuto un voucher per la sola prima ora di lavoro o un carnet forfettario di voucher che non coprivano tutte le ore lavorate. È semplicemente odioso, o da persone che non conoscono le norme o lo usano in maniera pretestuosa, introdurre come argomentazione a favore dei vecchi voucher quella della tutela assicurativa e pensionistica, infatti per avere diritto alle tutele assicurative occorreva un versamento di oltre 1000 euro di contributi, cifre che non ci risulta che alcun voucherista abbia mai versato. Riteniamo di non dovere nemmeno spiegare il valore dei contributi previdenziali in un contesto di lavoro precario e quasi totalmente rimasto nel nero.

Nel 2011 i lavoratori interessati erano 216214 di cui il 42,46% donne ed un’età media di 41 anni. Nel 2015 i lavoratori che utilizzavano i voucher erano 1.380.000 di cui il 51,47% donne ed un’età media di 35,9 anni. In 4 anni un aumento del 600% a discapito dei giovani e delle donne.

I vecchi voucher sono stati aboliti il 17 marzo 2017 dal governo Gentiloni anche grazie alla campagna referendaria, che raccolse 1.500.000 firme, della CGIL che ne denunciò l’abuso e l’empietà di ciò che i voucher significano: lavoro medievale, senza contratto, senza garanzie, con una contribuzione che non corrisponde a reali tutele.

E non ci convince nemmeno la prospettiva della sanzione statale in caso di abusi. Sappiamo tutti che qualsiasi organo ispettivo istituzionale è gravemente sotto organico e ne abbiamo avuto la lapalissiana prova in questo periodo di emergenza covid-19. Cosa gravissima e per noi inaccettabile è che, a giustificazione della bontà dell’ordine del giorno, vengono citati come onerosi i costi della sicurezza, in un Paese in cui i morti sul lavoro e gli infortuni sono all’ordine del giorno risparmiare sulla sicurezza è delittuoso.

L’attuale impianto normativo prevede i PrestO, il Libretto Famiglia, il lavoro a chiamata e il MOG (Monte Ore Garantito) della somministrazione, il lavoro a tempo determinato. Non vediamo la necessità di produrre nuovi strumenti di cosiddetta flessibilità. Anche questo termine contestiamo, perché è un odioso eufemismo per celare la precarietà fatta di bassa retribuzione, incertezza di continuare a lavorare, versamento di contributi pro bono e ricatti nei confronti dei lavoratori e, soprattutto, delle lavoratrici.

L’economia è fatta dalle persone, per le persone, con le persone. Se continueremo a comprimere i loro diritti e i loro guadagni non avremo nessuna ripresa. La ripartenza economica non parte dallo sfruttamento delle persone. Peraltro i voucher in agricoltura, e in ogni altro ambito, non hanno in nessun modo eliminato il lavoro nero ma lo hanno addirittura legittimato. Non è raro, infatti, che vengano denunciate poche ore di uso dei voucher a fronte delle centinaia di ore di lavoro effettivamente lavorate e pagate in nero.

La presentazione di un ordine del giorno di questa natura è chiaramente volta a diminuire i diritti delle lavoratrici, in particolare, e dei lavoratori tutti dando la possibilità ai padroni, scusate ma datori di lavoro lo riserviamo a coloro che applicano i contratti nazionali, di lucrare sul costo del lavoro e della sicurezza. Un’idea da rigettare e contrastare con forza.

Giorgia Perrone Nidil CGIL
Luca QUuagliotti CGIL Asti