“L’abitudine ci nasconde il vero aspetto delle cose”

Come scrisse il filosofo greco Aristotele (IV secolo a.C.) nella sua “Politica” l’uomo è un animale sociale in quanto tende ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società. Ma la socialità è un istinto primario o è il risultato di altre esigenze?

Questa domanda, apparentemente solo filosofica, sta rivelando tutta la sua concretezza, la sua “fisicità” e profonda emotività, a causa del periodo di isolamento imposto che stiamo vivendo.

Inutile ripetere tutte le difficoltà che incontriamo nel coltivare come prima i rapporti umani, in tutte le loro sfumature, filtrate in milioni di modi diversi, come diversi siamo tutti, ognuno servo e padrone delle proprie caratteristiche, tendenze, aspirazioni, talenti, potenzialità, espressioni sentimentali e razionali.

La filosofia, intesa come la ricerca del senso delle cose e di noi attraverso il pensiero e il proprio vissuto, può in qualche modo suggerirci delle tecniche di resistenza pratica a quella forza depressiva che può spingerci, in certi momenti, verso l’orlo di una caduta in sentimenti negativi, in luoghi bui delle nostre anime da cui ci pare difficile uscire?
Se è vero che stiamo vivendo come in un carcere, reale e interiore, esiste una chiave di pensiero per farci almeno immaginare che la porta sia, se non ancora aperta, degna di essere cercata?

La crisi è il campo da gioco dei filosofi. E’ quando le consuetudini si sospendono, la realtà sembra non rientrare più in alcuna di quelle spiegazioni che dicevamo racchiudessero e pacificassero ogni dubbio.
Uno dei più grandi regali che la filosofia ci ha fatto è invece il dubbio.
La filosofia è fatta di domande, più che di risposte. Eccone alcune.

1) ”La bellezza salverà il mondo”, scriveva Fedor Dostoevskij nel suo romanzo intitolato “L’idiota”.
Troppe spesso la bellezza è intesa come l’aspetto esteriore di cose o persone belle, non come esperienza o domanda sul senso di ciò che ci circonda, sulle nostre interiorità.
Eppure fin dalla scuola bisognerebbe ragionare su che tipo di esperienza sia la bellezza.
Dostoevskij ci dice che non dobbiamo attendere la bellezza come un miracolo, ma che la dobbiamo immaginare e creare.
Come vivremmo, anche in un momento di crisi, senza questa capacità di produrre forme, concrete o immaginate, che danno forma e significato ad ogni istante delle nostre esistenze?
La bellezza ci può insegnare a immaginare un altro mondo e tanti altri noi stessi?

2) “Un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna potrà porne uno” sosteneva Albert Einstein.
Tutti i giorni noi vediamo come la tecnologia ci aiuti a continuare, seppure con abiti diversi, a “fare scuola”. Tutti noi, grazie alla Didattica a distanza, possiamo mantenere quel filo di Arianna che ci unisce fra tutte le incertezze e i vuoti che stiamo attraversando. La tecnologia, oltre ad aiutare la scuola, sta, in un certo senso, diventando essa stessa parte attiva della scuola.
Da sempre l’umanità ha agito e ragionato anche condizionata dalla tecnologia che le era a disposizione. Da sempre l’uomo ha convissuto con le utilità e le conseguenze della tecnologia.
E’ forse possibile immaginare un mondo in cui la tecnologia sia usata anche in nuovi modi, ma soprattutto per nuovi scopi?
E quali nuovi modi di pensare tutto ciò potrebbe regalare all’umanità?

3) “L’abitudine ci nasconde il vero aspetto delle cose”, diceva il filosofo Michel de Montaigne
E’ possibile che questo periodo ci permetta scoperte di noi stessi che non avremmo mai potuto fare prima?
Tralasciate le vecchie abitudini, come vediamo diversamente le nostre cose più vicine, la nostra casa ad esempio, come se non l’avessimo mai vista sotto certi aspetti. E come vediamo la nostra casa interiore? Ne scopriamo stanze, saloni, intere zone che non sapevamo neppure esistessero?
Senza il vecchio stile di vita, cosa rimane del nostro vero io?
Quali opportunità ci si aprono nei confronti di noi stessi e degli altri, dovendo tralasciare consuetudini che credevamo essenziali, ma in realtà pesi inutili, continuati solo per pigrizia o paura del cambiamento?
In che modo saremo veramente “animali sociali”?

Prof. Alessandro Zucco
Filosofia