Coronavirus: mentre si discute di mercati e passeggiate, si consuma il dramma delle case di riposo

Tra i fiumi di inchiostro che scorreranno per descrivere la grande epidemia di Covid del 2020, una parte considerevole di questi dovrà essere utilizzata per comprendere al meglio la comunicazione istituzionale e la reazione della gente, che hanno rasentato (e spesso superato) la soglia della schizofrenia più esasperata.

Tralasciando il salto logico di chi invitava ad andare a bersi uno spritz in compagnia in piena fase espansiva del virus salvo poi minacciare pene draconiane a chi sgarra i 360 passi per uscire di casa in solitaria in un fase di plateu dell’epidemia, oggi la polemica si incentra sulla riapertura dei mercati astigiani e la stretta sulle misure di distanziamento sociale.

Tutta questa discussione, anche con toni veementi su Facebook ricorda molto il vecchio adagio: “quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”.

Ci stiamo concentrando su decisioni che stanno a metà strada tra le grida manzoniane e il comma 22 di Helleriana memoria, lambiccandoci il cervello nel distinguere tra attività motoria e sportiva, tra passeggiata e ora d’aria, ma forse non ci rendiamo conto che le modalità di propagazione del virus sono ben altre, e ben più preoccupanti.

Ogni giorno che passa, ci rendiamo conto che la situazione nelle RSA è drammatica: ci sono strutture e residenze per anziani dove ci sono casi acclarati di positività, ma ad oggi non sono ancora stati messe in atto misure per fare il tampone agli altri ospiti e a tutto il personale. E non stiamo parlando di casi singoli, ma di diverse realtà sul territorio astigiano che potrebbero in breve tempo deflagrare come successo purtroppo nel caso di Moncalvo.

Esiste un piano per contrastare la diffusione del contagio nelle strutture socio assistenziali, dove c’è un rischio che il contagio si propaghi su percentuali altissime degli ospiti e del personale sanitario? Sappiamo quantificare il rischio in percentuale che le RSA rappresentano sul totale dei decessi e dei contagi giornalieri? No, perchè vengono resi pubblici i dati su un totale di contagi e decessi giornaleri, ma non sappiamo se i microdati dei pazienti per origine dei vari cluster saranno mai messi a disposizione.
Non possiamo sapere da dove vengono i contagi, quali sono i canali maggiori di infezione, capire se ci sono attività che riteniamo meno rischiose e non lo sono e viceversa.

Sappiamo se i positivi asintomatici o con sintomi lievi messi in isolamento domiciliare riescono a portare avanti la quarantena correttamente? Ricordiamo che per ridurre il rischio di infezioni servirebbe non solo dormire in una stanza a parte, ma anche un bagno dedicato. Sappiamo se esiste una percentuale di casi che deriva da un contagio interfamiliare? Al momento sono disposti piani di quarantena centralizzata per i pazienti non gravi?
Altrimenti il rischio che questi possano infettare, soprattutto in presenza di nuclei familiari allargati in coabitazione, anche persone più vulnerabili, come gli anziani.

Penso che un’opinione pubblica informata e consapevole possa ragionevolmente mettere in esercizio la propria intelligenza interrogandosi su questi e altri quesiti, invece che domandarsi per quale impellente necessità esca il proprio vicino.
Potremmo domandarci se esistono altri piani per contrastare la diffusione del contagio oltre al lockdown, se verranno implementati sistemi di tracciamento digitale dei pazienti positivi, oppure se potrebbero essere testati campioni rappresentativi della popolazione per avere un quadro statisticamente più preciso della reale diffusione del coronavirus.

Invece di proporre soluzioni da sharia per chi porta il bambino sotto casa, potremmo chiederci se esista una strategia diversa dallo “stare in casa e sperainddio”: se esistono piani a un mese, due mesi, sei mesi, un anno. Potremmo scrivere sui nostri social cosa si pensa di fare quando nel momento in cui inevitabilmente si allenteranno le misure contenitive e ci saranno sicuramente altri piccoli focolai. Perché la domanda non è se ci saranno, ma come si affronteranno.

Chiediamo più controlli, più polizia, più carabinieri, più esercito, più carri armati: il nemico è chi porta a passeggiare il cane, il podista, la mamma con la carrozzina, il vecchio che tossisce o tossirà nel mercato rionale. Forse dovremmo utilizzare il tempo che ci è concesso in questa quarantena per giocare meno a fare la STASI “de noantri” e pretendere risposte e ragionamenti concreti.