Oggi è il Dantedì: cosa insegna la Divina Commedia riletta ai tempi del Coronavirus

“Una lezione per tutti!” si apre con una riflessione del prof. Fabrizio Biglia, docente presso la sede di Canelli dell’ITIS Artom.


Dante Alighieri, Divina Commedia.

Inferno, Canto I
Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura,
Ché la diritta via era smarrita.                                           3

E quanto a dir qual era è cosa dura
Esta selva selvaggia e aspra e forte
Che nel pensier rinnova la paura!                                      6

Tant’è amara, che poco è più morte;
Ma, per trattar del ben ch’io vi trovai,
Dirò dell’altre cose ch’io v’ho scorte.                                9

A metà circa della sua vita (intorno ai 35/40 anni) Dante si trova in una foresta buia, simbolo dell’angoscia e dell’inquietudine portati dal peccato. La foresta è anche il vestibolo, cioè l’anticamera, dell’Inferno: essa è un luogo talmente selvaggio, spinoso e inospitale che il solo ricordo basta a spaventare Dante nel momento in cui la descrive, molto tempo dopo. È talmente amara che è paragonabile alla morte.
Anche noi, in queste settimane, stiamo vivendo un momento di angoscia, di smarrimento e di paura: siamo in balia di notizie luttuose, che portano solo numeri di contagiati e di morti; siamo costretti in casa, forzatamente lontani da parenti, affetti, amici. Ci sentiamo talvolta senza scampo. Per Dante come per noi, però, si tratta dell’inizio del doloroso percorso, non del percorso integrale della vita.

Inferno, Canto XXXIV

Lo duca e io per quel cammino ascoso
Intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
E, sanza cura aver d’alcun riposo,                                  135

Salimmo su, ei primo e io secondo,
Tanto ch’io vidi de le cose belle
Che porta il ciel per un pertugio tondo.

E quindi uscimmo a riveder le stelle.                           139

Il canto XXXIV conclude la cantica dell’Inferno.
Dante, preceduto dal grande Virgilio, sommo poeta della latinità (il suo duca, cioè condottiero/guida attraverso quei luoghi), imbocca un percorso sotterraneo (un cunicolo: Dante immagina sotto terra l’Inferno) nascosto. I due lo percorrono senza indugio, senza fermarsi nemmeno per un attimo a riposare, animati dalla smania di abbandonare quel luogo orribile e ritornare finalmente sulla superficie terrestre. Alla fine, attraversata un’apertura rotonda, Dante e Virgilio escono e possono, finalmente, rivedere il cielo e le stelle che lo illuminano.
Anche noi stiamo attraversando il nostro inferno in questi giorni ma come il sommo poeta, anche noi torneremo alla vita normale che conducevamo prima, e potremo raccontare di questi momenti di dolore, un giorno lontano, come ha fatto Dante descrivendo il suo viaggio attraverso i regni dell’oltretomba.
Il numero dei contagiati, da tre giorni da oggi (25 marzo 2020), sta calando; l’Organizzazione Mondiale della Sanità sostiene che, probabilmente, tra questa settimana e la prossima si raggiungerà il picco dei contagi nel nostro Paese: da allora, la situazione migliorerà e potremo, lentamente e con prudenza, riappropriarci dei nostri spazi sociali e umani. Anche noi, perciò, come i due sommi poeti dell’italianità e della latinità non indugiamo nelle misure che abbiamo preso, perché stanno portando frutto.
Leggiamo dunque le prime terzine che aprono il poema dantesco ma siano le ultime, quelle che chiudono l’Inferno, quelle che serbiamo con speranza nel cuore: anche noi presto usciremo a riveder le stelle.

Buon dantedì 25 marzo a tutti voi e alle vostre famiglie.

Prof. Fabrizio Biglia

Invece questo è il lavoro della classi 3AI e 3BI dell’Istituto Artom di Asti