Il Cerchio magico: parlare del coronavirus ai bambini

Pandemia, contenimento, quarantena, isolamento, parole che non hanno mai avuto un impatto così concreto e limitante sulle nostre vite, almeno per quanto la mia memoria possa ricordare. In una situazione così nuova per tutti noi, così carica d’incertezza, come poter rassicurare i nostri bambini che sono esposti – spesso indipendentemente dalla nostra volontà – a notizie e chiacchiere?

Mi pare che un primo passo possa essere quello di identificare una fonte attendibile e seguire quella, senza lasciarsi travolgere dalle opinioni (spesso contraddittorie), dai messaggi whatsapp, dai dibattiti tv nei quali vengono messe sullo stesso piano conoscenze e semplici suggestioni. Quindi le fonti attendibili sono quelle del ministero della salute, dell’OMS, o – se si vuole un linguaggio semplice, chiaro, ma approfondito seguire la dottoressa Roberta Villa su Instagram, su Facebook o nei suoi passaggi su Radio Deejay, Omnibus la7 o articoli su Wired.

Una volta che noi adulti siamo riusciti a farci un quadro più chiaro della situazione possiamo passare a spiegare ai piccoli quello che si sa, ammettendo che però ci sono anche cose che non sappiamo. È importante soprattutto che li aiutiamo a capire che si può contenere e limitare la diffusione del virus con le pratiche di igiene personale che già conoscono. Concentrarsi su ciò che si può attivamente fare è sempre un ottimo modo per evitare che la paura diventi panico e per i bambini questo è particolarmente importante.

Da ultimo, ma non ultimo, fare di questa situazione un’occasione per sperimentare nuovi modi di vivere la città, come ha detto in maniera molto interessante l’architetto Stefano Boeri: “Abbiamo da anni uno studio di architettura a Shanghai. Da 20 giorni, gli architetti lavorano a casa, da remoto. Teatri, musei, cinema chiusi. Scuole e università chiuse. Aperti a rotazione alimentari e farmacie. Trasporti a frequenza ridotta. Non c’è nessuna morale da questa vicenda, ci mancherebbe, ma la semplice considerazione che ce la si può fare – se si seguono senza polemiche e eccezioni le indicazioni delle istituzioni. E se si cerca di trasformare -difficile, lo so bene- un problema gigantesco in una piccola opportunità. Per sperimentare nuovi modi di lavorare e dedicare più tempo a cose che solitamente appena sfioriamo”.

Va tenuto presente anche, soprattutto, che si tratta di una prova comunitaria, nella quale ciascuno deve sentirsi responsabile per tutti, nella quale non c’è spazio per l’occuparsi solo di sé, perché solo se sapremo affrontarla con senso di responsabilità collettiva ne possiamo uscire. È altresì una prova di fiducia nelle autorità, che noi italiani siamo sempre così disposti a criticare e sminuire, da superare obbedendo alle disposizioni pubbliche e dando credito alle informazioni che riceviamo. Gli interventi decisi saranno efficaci solo se li rispetteremo, disobbedire e poi lamentarsi – in questo caso – è veramente un comportamento masochistico oltreché stupido.

Agire pensando sempre a chi è più fragile (anziani, malati, immunodepressi) e aiutare anche i bambini a pensarlo, è la via maestra.

Paola Lazzarini

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