Lettere al direttore

ASP e servizio idrico integrato: le riflessioni del Comitato Astigiano a favore delle acque pubbliche

"Senza il ramo idrico, ASP sarebbe un’azienda senza futuro?"

Riceviamo e pubblichiamo il documento della Rete di Associazioni che compongono il Comitato Astigiano a favore delle acque pubbliche che riassume e approfondisce i temi sollevati durante il Consiglio comunale aperto sulla situazione ASP dello scorso 17 febbraio.

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Abbiamo scelto di intervenire al consiglio comunale aperto del 17 febbraio affidando al nostro Alessandro Mortarino il compito di sintetizzare alcune riflessioni sull’attuale situazione in seno al bacino idrico Astigiano-Monferrato (EgATO5) e al ruolo di ASP. Eravamo ben consci che in una fase di difficili rapporti tra socio pubblico e socio privato all’interno della compagine proprietaria di ASP e non essendo note le ragioni di tale malessere, sollevare la questione di una possibile ripubblicizzazione – almeno del ramo idrico – della ex municipalizzata corresse il rischio di rendere la vicenda ancora più intricata, ma abbiamo ritenuto che in una democrazia matura valutare tutte le ipotesi, con serenità e voglia di confrontarsi in maniera non ideologica, fosse necessario. E abbiamo fatto bene: notiamo che le nostre considerazioni non sono cadute nel vuoto e ora riteniamo opportuno ampliarne la visione per consentire a tutti di possedere le necessarie informazioni.

Cerchiamo di essere sintetici (impresa ardua, data la materia) e procediamo per punti:

1. Le norme nazionali successive ai referendum del 2011 (in cui più di 27 milioni di cittadini elettori hanno manifestato la volontà popolare di difendere la gestione pubblica di tutti i nostri acquedotti, essendo l’acqua una risorsa non riproducibile, un bene comune e diritto universale) obbligano tutti i bacini idrici a identificare un Gestore Unico. Nel nostro caso locale, la scadenza risultava il 31 dicembre 2017 con l’avvio operativo entro il 30 giugno 2019. Il soggetto individuato è il Consorzio S.I.A.M. (Servizi Idrici Astigiano Monferrato), costituito nel 2008 ma ancora poco attivo, che ha come azionisti paritari al 25 % proprio i nostri 4 gestori astigiani. Che sono però molto diversi tra loro: l’Acquedotto della Piana e l’Acquedotto Valtiglione sono interamente pubblici in forma di Società per Azioni, l’Acquedotto del Monferrato è uno dei pochi Consorzi fra Comuni ancora esistente in Italia (dunque “genuinamente” pubblico) e l’Asp è una SpA partecipata al 45 % da soci privati e al 55 % dal Comune di Asti.
I 4 gestori non si sono però ancora messi d’accordo e il punto più controverso è dato dalla presenza di una componente privata. Se tutti i 4 gestori fossero pubblici, riteniamo che il Gestore Unico sarebbe già operativo e nei tempi dettati dalle norme.

2. I rapporti “ruvidi” tra Comune di Asti e Nos SpA (il socio privato) delle ultime settimane, rendono certamente difficile immaginare oggi un progetto per separare il settore idrico di ASP senza indebolire l’azienda stessa. Ma non valutare l’ipotesi sarebbe un peccato e lo stallo tra i 4 gestori deve obbligarci a fare alcune valutazioni. Per ripubblicizzare il ramo idrico dal resto di ASP occorrono alcune circostanze: che il Comune lo voglia (e il Sindaco Rasero in consiglio comunale non ha escluso questa ipotesi) e che il socio privato sia interessato a cedere le sue quote. Tutto da verificare. Qualora Nos SpA fosse disponibile o “costretto”, resta un problema finanziario da valutare: a quale prezzo? Chi subentrerebbe? Con quali risorse?
Noi riteniamo che un simile ragionamento lo si potrebbe (dovrebbe) fare sedendo a tavolino gli altri soci di S.I.A.M. e valutando pro e contro. Ma occorre farlo e previa una volontà “politica”…

3. Senza il ramo idrico, ASP sarebbe un’azienda senza futuro? E’ una domanda che rivolgiamo ai diretti interessati. Noi notiamo che, secondo il bilancio 2018, il Servizio Idrico Integrato ha raccolto il 27,27% dei ricavi dell’intera ASP, che sono pari a 40.357.597 euro; significa un fatturato per il solo settore idrico di 11.005.516 euro.
Nel bilancio non risultano evidenziati i costi relativi alla parte idrica, ma da precedenti documenti di consulenti incaricati dal Comune rileviamo che nel 2016 risulterebbero pari a circa 9.688.000 euro a fronte di ricavi pari a circa 12.177.000 euro. Parrebbe, dunque, un risultato per il solo settore idrico pari a +2.489.000 euro (il bilancio ASP 2016 ha registrato utili pari a 2.877.514 euro prima delle imposte).
Inoltre sappiamo che i bilanci 2016/2017/2018 dell’intera ASP si sono chiusi con un risultato complessivo di +6.028.852 euro prima delle imposte e +4.696.114 euro al netto delle imposte. Dal 2002 al 2018 il Comune di Asti ha incassato un dividendo pari a 9.339.489 euro mentre il socio privato ha introitato 5.266.727 euro.
Completando e studiando queste cifre riteniamo sia possibile formulare un quadro più esaustivo della situazione.

4. Se il Comune ritornasse in possesso del ramo idrico e S.I.A.M. divenisse il Gestore Unico totalmente pubblico, i cittadini di Asti pagherebbero bollette più elevate, come il Sindaco ha detto “en passant” durante il consiglio comunale? Rispondiamo con un esempio concreto: le falde dei pozzi di Cantarana negli ultimi anni si sono pericolosamente abbassate a causa dei massicci emungimenti necessari a soddisfare il fabbisogno degli utenti di ASP e del Valtiglione, tanto da creare un’emergenza nel breve/medio termine. Si è ovviato alla crisi da stress realizzando una interconnessione con l’Acquedotto (rigorosamente pubblico) del Monferrato: i costi di questa essenziale e salvifica operazione sono stati permessi dagli investimenti di tutti i gestori astigiani, anche dell’Acquedotto del Monferrato stesso e in parti proporzionali. Non solo: l’Acquedotto del Monferrato ha scelto di vendere la sua acqua (ripetiamo: salvifica…) a un puro prezzo di costo industriale, cioè senza alcun lucro aggiuntivo, nonostante l’evidente ghiotta occasione di “mercato”.
Se la situazione fosse stata all’opposto, ASP avrebbe venduto l’acqua al Monferrato a prezzo di costo oppure avrebbe rincarato la tariffa?
Ecco, questo è il senso (morale? etico? collettivo?) della questione…
Ricordiamo che l’azienda pubblica speciale, per sua natura, ha come oggetto il servizio e ha l’obbligo del pareggio di bilancio; gli eventuali utili devono essere investiti per migliorare il servizio e non altro.

5. La ripubblicizzazione rappresenterebbe una novità a livello nazionale e, dunque, un percorso da “inventare” ex novo con rischi non immaginabili? No, dal 2012 le acque potabili di una città difficile come Napoli sono gestite da ABC-Acqua Bene Comune, azienda speciale interamente pubblica che da tale data ha sempre chiuso bilanci in utile, pratica tariffe tra le più basse d’Italia, garantisce elevata qualità dell’acqua erogata, ha una dispersione idrica del 32% inferiore alla media nazionale e a quella della Regione Campania, incassa l’85% dei crediti con un livello di molto superiore a quello dei gestori privati, ha sviluppato un sistema di welfare aziendale all’avanguardia.
Medesimo percorso sta seguendo l’azienda speciale consortile di Agrigento. E, per restare più vicini a casa nostra, per la stessa SMAT (anche azionista di ASP attraverso il socio privato Nos SpA) è stato avviato un percorso di trasformazione da società per azioni ad azienda speciale consortile di diritto pubblico.
A Cuneo, pochi giorni fa, il Tribunale Superiore delle Acque ha confermato la legittimità della totale pubblicizzazione dell’Ambito Territoriale Ottimale della Granda, respingendo i ricorsi dei privati, dichiarando non consentibile che nella compagine societaria di un gestore in house entri un privato e confermando il diritto di affidamento del servizio idrico integrato a COGESI, società consortile totalmente pubblica.
Senza dimenticarci che l’Acquedotto del Monferrato è di per sè un bel caso di ripubblicizzazione: 101 Comuni delle province di Asti, Alessandria e Torino si sono sostituiti nel 2003 al privato nella gestione diretta di impianti e servizio idrico. Motivo? Servizio carente, ridotti investimenti e bollette care; risultava evidente che l’obiettivo primario del gestore privato fosse quello di totalizzare un buon risultato economico per il bilancio dell’azienda, non certamente l’interesse della collettività.

6. Molto spesso si sente affermare che se il pubblico non “funziona” è meglio affidarsi al privato. Noi riteniamo che se il pubblico non “funziona” è perché c’è qualcosa che non “funziona” nel suo management che deve, quindi, essere sostituito anzichè passare all’alienazione della gestione pubblica.
Perché il contrario di “pubblico” non è “privato” ma “sconosciuto”, “segreto”, “nascosto”…