Indagine GdF nel Pavese che “lambisce” anche l’Astigiano: “Subito chiarezza sulla frode con il falso vino Doc”

“Episodi come questo mettono a rischio l’intero settore enologico, anche dell’Astigiano, e quindi occorre fare chiarezza al più presto”.

Esprime tutta la sua delusione il presidente di Coldiretti Asti, Marco Reggio, da quanto emergerebbe dalla notizia diffusa dalla Guardia di Finanza sull’operazione “Dionisio – Vino adulterato e frode fiscale” attuata insieme all’Arma dei Carabinieri di Pavia, che ha portato all’arresto di cinque persone di nazionalità italiana che in associazione fra loro si sono rese responsabili di una complessa frode in commercio nel settore vinicolo, perpetrata da una nota cantina dell’Oltrepò Pavese.

Secondo quanto divulgato dalle stesse Fiamme Gialle, l’indagine ha interessato anche le province di Asti, Cremona, Piacenza, Verona, Vicenza e Trento, dove i militari della Compagnia Carabinieri di Stradella (PV) e della Compagnia Guardia di Finanza di Voghera (PV), con il concorso dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), del Gruppo Carabinieri Forestale di Pavia e dei Comandi Provinciali dell’Arma e della Guardia di Finanza di Pavia e con il supporto aereo dei Nuclei Elicotteri dell’Arma dei Carabinieri e del Roan della Guardia di Finanza e dei cash dog del Gruppo della Guardia di Finanza di Linate, “hanno eseguito cinque misure cautelari degli arresti domiciliari e due obblighi di firma emessi dal Tribunale di Pavia, nei confronti rispettivamente di C.A., R.C., C.C., V.A., C.M. e F.C., O.D., responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari (DOC e IGP), nonché all’utilizzo e all’emissione di fatture false che servivano a giustificare quantitativi di vini etichettabili con denominazioni pregiate, non presenti in magazzino, e sostituiti dal produttore con vini di qualità inferiore, alterati e destinati alla vendita come vini di tipologie tipiche dell’Oltrepò Pavese. Nel corso delle attività di polizia giudiziaria sono state eseguite anche 28 perquisizioni domiciliari, locali e personali nei confronti di altrettante persone fisiche, aziende acquirenti del vino, nonché laboratori di analisi compiacenti”.

“Dobbiamo ringraziare le forze dell’ordine per aver individuato questa presunta organizzazione – rileva Diego Furia, direttore di Coldiretti Asti -, si tratta di un atto di giustizia nei confronti di un settore economicamente molto rilevante che per quanto ci riguarda coinvolge 1.500 aziende agricole viticole, di cui oltre 500 cantine, nostre associate in provincia di Asti. Se poi si calcola l’indotto, tutti possono immaginare la rilevanza di azioni fraudolente di questo genere: chi non sta alle regole non solo inganna il consumatore ma arreca un danno anche a tutti gli altri operatori del settore”.

Noi da diverso tempo – aggiunge Reggio – denunciamo talvolta il basso valore del prodotto rispetto al lavoro che sta dietro a una bottiglia di vino, non sempre i prezzi “civetta” sarebbero giustificabili. Occorre insistere sulla strada della “tolleranza zero” nei confronti di episodi che causano un danno economico e di immagine gravissimo anche all’estero. Non dimentichiamo come la nostra regione sia l’unica ad aver intrapreso da venticinque anni la strada dell’alta qualità dei vini, rinunciando ai cosiddetti vini da tavola e addirittura alle indicazioni geografiche per puntare tutto sulle denominazione di origine controllate Doc e Docg”.

Occorre tutelare un settore strategico che anche a livello nazionale offre opportunità di lavoro per 1,3 milioni di persone impegnate direttamente in campi, cantine e nella distribuzione commerciale, con un volume d’affari che, con le attività connesse e di servizio, ha superato nel 2019 la quota record di oltre 11 miliardi, grazie alla crescita in valore di export e consumi nazionali.

“Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto – sottolinea Furia – confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare poiché l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolosa la criminalità nell’agroalimentare che per questo va perseguita con la revisione delle leggi sui reati alimentari elaborata da Giancarlo Caselli nell’ambito dell’Osservatorio agromafie promosso da Coldiretti per introdurre nuovi sistemi di indagine e un aggiornamento delle norme penali”.

Secondo Coldiretti, anche le leggi, i regolamenti e le informazioni ai consumatori legati alle denominazioni dovrebbero essere più chiari, stringenti, e non lasciare adito a interpretazioni al limite del buon senso.

“Noi siamo – rileva Reggio – per una filiera corta e trasparente al massimo. Oggi si può ancora dare la “paternità” a un vino svolgendo una sola lavorazione in cantina, quindi senza produrre direttamente le uve e senza svolgere tutte le altre operazioni di vinificazione, in pratica acquistando e rivendendo semplicemente un mosto fatto da altri in chissà quale parte del mondo”.