Associazione Franco Casetta: “Indignazione per la scritta antisemita comparsa a Mondovì”

L'Associazione invita chi condivide questo pensiero, ad appendere fuori dalla porta un cartello con la scritta “JUDEN HIER. QUI ABITA UN EBREO”

Riceviamo e pubblichiamo


“JUDEN HIER. QUI ABITA UN EBREO”
“A nome dell’Associazione Franco Casetta, presidio della memoria della XXIII Brigata Canale e della lotta resistenziale nel Roero, attiva da oltre un decennio per la promozione dei principi e dei valori della Resistenza, del Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di San Damiano d’Asti e del Museo Arti e Mestieri di un Tempo di Cisterna d’Asti, esprimiamo la nostra indignazione per la scritta antisemita comparsa a Mondovì sulla porta dell’abitazione di Lidia Beccaria Rolfi, staffetta partigiana, deportata a Ravensbruck.

In Germania alla fine degli anni 30 del secolo scorso, ogni cittadino aveva il dovere di praticare la caccia al diverso, stanandolo casa per casa. Nella tragica “notte dei cristalli del Reich” la gente comune scese in piazza, incitata da Goebbels ed altri funzionari del Partito Nazista, autorizzata a compiere atti di violenza per distruggere e mettere a fuoco le case, i negozi, i luoghi di aggregazione e di preghiera degli ebrei. Nessuno dei vandali, incendiari ed assassini venne processato, tranne 4 nazisti colpevoli di stupro: avevano avuto rapporti sessuali con “non ariani” e quindi trasgredito le leggi razziali.

Emerge un carattere comune tra la scritta “JUDEN HIER”, in riferimento alla presenza di un ebreo comparsa a Mondovì, e l’accusa via citofono riguardo la presunta attività di spaccio di un minorenne di origine tunisina, nel quartiere Pilastro di Bologna.

Pur nelle rispettive differenze, l’uno coperto ancora da anonimato, l’altro esibito nel corso di una campagna elettorale, questi atti evidenziano la spinta per abbattere il tabù democratico attingendo a gruppi che per tradizione rappresentano il nemico, oggetto di segregazione prima, di sterminio poi. Migranti ed ebrei, vecchi bersagli di un nuovo razzismo con radici in un anacronistico concetto di razza, che sul piano identitario e culturale ne diventa l’attuale cifra politica.

Non si tratta di gesti isolati. A fine maggio 2019, è comparsa un’imponente svastica sulle colline di San Damiano d’Asti. Un’azione che è stata definita una “goliardata” ma che, per quanto ci riguarda, ha avuto ben altri significati. Non si può scherzare con certi simboli e con tutto quello che hanno rappresentato e rappresentano non solo per chi ne hanno patito le conseguenze ma per tutti noi.
(Ricordiamo la petizione “Io non ci sto!”  http://www.scuolealmuseo.it/blogdidattica/?p=2433).

Proprio nel Giorno della Memoria, le parole del pastore protestante Martin Niemöller – “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omossessuali…” – ci ammoniscono sulla comune responsabilità verso l’indifferenza e l’incapacità di reagire.

La scelta di essere cittadinanza attiva implica la difesa dello stato di diritto e delle garanzie che spettano ad ogni individuo, contro ogni discriminazione fondata su “il sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali” come recita l’art. 21 dellaCarta Europea dei Diritti dell’Uomo.

Come indicato da Gadi Luzzato Voghera in“Antisemitismo”, dal dopoguerra in avanti, è possibile segnare alcuni momenti storici significativi, nei quali nuovamente gli slogan antisemiti sono stati usati come strumento politico. Siamo di fronte ad un ulteriore segno, e quindi spetta ad ognuno, soprattutto ai cittadini consapevoli, il dovere della denuncia e dell’impegno per contrastare ogni deriva verso una società totalitaria, anche quando sembra ormai accettata e condivisa da una parte della nostra comunità.

Questo ennesimo sfregio ci offende e, in questo momento, ci sentiamo tutti ebrei.

Per questo motivo, invitiamo chiunque condivida con noi questo pensiero, ad appendere fuori dalla porta un cartello con la scritta “JUDEN HIER. QUI ABITA UN EBREO” non sarà un’ offesa ma un onore sentirsi parte di una comunità così ricca di storia, cultura, tradizioni che è parte integrante della nostra civiltà.”

Associazione Franco Casetta
Polo Cittattiva Astigiano Albese
Museo Arti e Mestieri di un Tempo