Lettere al direttore

“Lo sviluppo turistico dell’Astigiano passa dal tartufo”

Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni di Davide Palazzetti sulle potenzialità del territorio.


Tanti tartufi e tante fiere, da mettere a sistema e comunicare come insieme, per attrarre, anche qui, turismo internazionale.

All’Astigiano non manca proprio nulla, salvo la capacità di raccontare e promuovere tutto il bello, buono e distintivo che ha da offrire. L’autunno è certamente momento speciale per colori, sapori e profumi. I profumi dei suoi tartufi migliori, messi in fiera, anzi, in fiere: Asti, Canelli, Castelnuovo Don Bosco, Cortazzone, Mombaruzzo, Mombercelli, Moncalvo, Montechiaro, Montegrosso, Montiglio e San Damiano.

La notorietà del Tartufo Astigiano parte da ben lontano, avendo goduto a lungo di un primato riconosciuto e documentato. Ne racconta fin Gian Secondo De Canis, grande storico del territorio, nella sua Corografia Astigiana del 1818: “Ma sovr’ogni altra produzione dell’Astigiano suolo la più pregievole sono i tartuffi bianchi che l’Europa intiera felicitano…Il concorso de’ forestieri per farne compra è numerosissimo…”.

Dai tempi di De Canis, ahimè, molto è cambiato. Il numerosissimo “concorso de’ forestieri per farne compra”, grazie a marketing e comunicazione altrui, si è spostato verso ovest. Per provare a recuperarne valore, utilissimo per sviluppare il turismo, le tante fiere dovrebbero essere messe a sistema e comunicate come insieme, occasione unica per raccontare varietà, ricchezza e bellezza dell’Astigiano. Tutto passa dalla capacità economica di comunicare ad un pubblico più ampio, internazionale, che nessuna delle singole manifestazioni ha o può avere. Si mettessero a farlo assieme sarebbe sicuramente più facile e fruttuoso.

Davide Palazzetti