Invisibili : un evento per superare i clichés sul futuro dell’Africa

Teatro , letteratura , musica e , sullo sfondo , la gastronomia senegalese, sono i temi portanti dell’evento “Invisibili” che Unicef con Asiap , associazione senegalo-italiana , promuove al Chiostro del Michelerio il 14 settembre dalle 17.30 sino alla tarda serata , con ingresso gratuito.

I protagonisti dell’evento saranno Mohamed Ba, drammaturgo, scrittore e percussionista e Pap Khouma, scrittore, entrambi senegalesi , oltre a Franco Testore, disc-jockey e narratore di musica.

Tenendo conto di tutto ciò L’objectif de ces ‘Ateliers’ est donc de faire le point sur ces toutes ces questions.” Invisibili “si propone l’obiettivo di rispondere a domande sul futuro dell’Africa e Où en sommes-nous?Quelles sont les urgences à penser et les défis à relev er ? Dans quelles archives devons-nous chercher les concepts susceptibles de mieux éclairer le présent et d’ouvrir les futurs ?Comment renouveler les formes ?Le second objectif sera de réfléchir sur les formes de collaboration susceptibles de donner davantage de visibilité, de densité et de force, à la pensée, l’écriture et la création Afro-diasporique afin d’accroitre sa contribution dans la réponse aux défis qui interpellent l’Afrique et le monde. di riflettere sulle forme di collaborazione che possono dare maggiore visibilità, densità e forza al pensiero, alla scrittura e alla creazione afro-diasporica.
Elaborare un pensiero sul continente africano è un compito arduo perché , come si diceva , troppo tenaci sono i luoghi comuni , i clichés e le pseudo-certezze che offuscano la realtà.

Uno stereotipo diffuso vuole che l’Africa sia rimasta fin quasi ai nostri giorni un continente isolato e inesplorato , misterioso e impenetrabile , senza contatti con l’esterno e , del resto , talmente povero di storia e di cultura da non poter offrire assolutamente nulla al resto dell’umanità. In realtà , fin dai tempi più lontani l’Africa è stata , almeno in parte , un luogo di incontri e di interscambi , un crocevia di influenze attive e passive.

All’alba delle indipendenze africane , la vulgata afro-pessimista ha qualificato , senza colpo ferire , l’Africa come un continente partito male e alla deriva ; un mostro agonizzante i cui soprassalti annunziavano l’imminente fine.

Più recentemente , al favore di un vento che pare essere cambiato , sembra nascere invece una retorica dell’euforia e dell’ottimismo. Il futuro sarà africano. Il continente realizza progressi in termini di crescita economica e le prospettive sono buone. Gli economisti credono che l’Africa sarà la prossima destinazione del capitale internazionale , perché la remunerazione sarà migliore che altrove. Sarà il luogo di una crescita che sembra sgonfiarsi in altre parti del mondo. La disponibilità di risorse naturali e di materie prime aiuta ; il continente sarà quindi il futuro Eldorado del capitalismo mondiale.

Anche in questo caso però si tratta di sogni prodotti da altri , durante una notte di sonno in cui i principali interessati non sono però invitati al sogno collettivo.

Le riflessioni degli incontri di “ Invisibili “ cercano di superare da una parte l’afro-pessimismo che ha caratterizzato a lungo la lente attraverso la quale si è guardata l’Africa come un’occasione perduta, dall’altra cercano di sfuggire a una recente narrativa troppo facilmente afro-ottimista che guarda all’Africa idilliacamente , come un nuovo spazio di opportunità e di futuro.
Soprattutto proponendo un punto di vista endogeno , quello che spesso manca. Dell’Africa parlano i bianchi e quasi sempre solo i bianchi , spesso senza mai esserci stati.

Nei fatti la creatività africana sta invadendo il mondo. Se si dovesse scegliere un aggettivo per definire gli effetti del rinascimento culturale in un continente popolato da 850 milioni di under 30 si dovrebbe dire : impressionante
Da sempre fucina creativa globale, fonte d’ispirazione e saccheggio per artisti di ogni provenienza, l’Africa ha iniziato una traiettoria che la porterà al centro della produzione culturale di questo secolo. Grazie al potere di Internet , emergono giovani leader culturali africani ambiziosi e in grado di raggiungere audience globali.

Ma accanto a tutto questo l’Africa presenta un volto di tutt’altra natura.

La povertà è una condizione ancora ampiamente diffusa in parte dell’Africa moderna; circa il 40% dei Paesi africani si colloca negli ultimi posti di tutte le principali classifiche di ricchezza nazionale, come quelle basate sul reddito pro capite o sul PIL pro capite , pur disponendo spesso di ingenti risorse naturali , mentre nella lista delle 50 nazioni meno sviluppate del mondo stilata dall’ ONU quasi la metà delle posizioni è occupata da paesi africani. Assieme ai cambiamenti climatici in atto, all’instabilità politica di molti suoi Stati e a un tasso di natalità eccessivamente alto, la “questione africana” costituisce una delle principali cause delle migrazioni di massa o esodi di popolazione verso gli altri continenti.

In molte nazioni africane, il PIL pro capite è sotto la soglia dei 10000 $ annui; nonostante tale valore sia andato crescendo negli ultimi decenni ; il progresso è inferiore a quello rilevabile in altre aree del mondo in via di sviluppo.

Le cosiddette “ malattie della povertà “ proliferano nei Paesi stretti nella morsa della povertà estrema dove le malattie più gravi, quelle che ogni anno esigono il tributo più pesante , hanno nomi che da soli incutono paura. Questi nomi sono AIDS, tubercolosi e malaria che mietono oltre un milione di morti all’anno in Africa. Senza dimenticare l’Ebola. Chiediamoci come reagiremmo se capitasse in Europa.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità si registra , inoltre , un aumento continuo delle patologie legate a stili di vita e consumi alimentari scorretti.

Due facce , due realtà diverse del continente africano che però ci impongono di non volgere lo sguardo dall’altra parte.

Un incoraggiamento ci viene da Felwine Sarr , giovane e brillante economista senegalese , che nel suo recente Afrotopia scrive : “L’avvenire è un luogo che non esiste ancora che configuriamo in uno spazio mentale. Per le società deve essere oggetto di un pensiero-prospettiva. Lavoriamo nel tempo presente per farne avvenire . Il pensiero , la letteratura , la musica , la pittura , le arti visuali , l’architettura e la vita delle città sono gli spazi dove si disegnano e si configurano le forme che verranno nella vita individuale e sociale . Il mondo di domani si trova in germe in quello attuale e i suoi segni sono decifrabili nel presente” .

Invisibili con Mohamed Ba

Viaggio nella musica africana

Quelli che sono chiamati “gli altri”, i diversi da noi per aspetto fisico ed eredità culturale, i popoli dell’Africa incontrati e dominati dall’Europa, sono portatori di una ricca e originale tradizione musicale che si va sempre più imponendo a livello mondiale. La magia della musica africana contagia un numero crescente di estimatori e fruitori e attira l’attenzione anche delle maggiori case discografiche sparse nel mondo.

In Italia, la mancanza di un rilevante e duraturo passato coloniale continua a influire negativamente sulla conoscenza dell’Africa in generale e delle sue tradizioni musicali in particolare. Ciò che a Parigi, Londra, Lisbona, Bruxelles rappresenta ormai da decenni una presenza stabile ed affermata comincia appena ora a fare capolino nelle metropoli italiane.

Il pianeta musicale africano si presenta estremamente variegato e complesso, perché l’Africa non è un continente culturalmente omogeneo; da questa estrema diversità di tradizioni culturali e musicali riportate ai giorni nostri, e contaminate con la musica del resto del mondo, nasce il vero fascino della musica africana. Occorre anche ricordare che le radici della musica afroamericana, caraibica e brasiliana derivano dalle tradizioni musicali degli schiavi africani sopravvissuti alla deportazione al di là dell’Oceano Atlantico, soprattutto dalle tradizioni orali del popolo Mandinka dell’Africa Occidentale, che fu quello più vessato dagli schiavisti.

Dal punto di vista delle tradizioni musicali il pianeta africano può essere distinto grosso modo in tre grandi aree:
– L’Africa settentrionale, comprendente i paesi del cosiddetto Maghreb, ma anche la Libia, l’Egitto, il Sudan settentrionale, la fascia dei paesi del Sahel (stati islamizzati), le coste fino al Golfo di Guinea ad occidente e a Zanzibar ad oriente, nei quali la tradizione orale conservata dai cantastorie nobili o popolari (griots) si è contaminata con una forte influenza islamica;
– L’Africa meridionale, comprendente il Sud Africa, ma anche la Namibia, lo Zimbabwe, l’Angola e il Mozambico, ha subito una forte influenza occidentale, dovuta a numerosi e vasti insediamenti di coloni e alla presenza di numerose chiese cristiane di origine europea;
– L’Africa centrale o sub-sahariana, comprendente gli stati della fascia mediana del continente, Ë l’area meno influenzata dagli stili musicali provenienti dall’esterno e quella in cui si trova ancora, a volte allo stato puro, la musica africana tradizionale.

UNA RETE DI RECIPROCHE INFLUENZE

Uno stereotipo diffuso vuole che l’Africa sia rimasta fin quasi ai nostri giorni un continente isolato e inesplorato, misterioso e impenetrabile, senza contatti con l’esterno e, del resto, talmente povero di storia e di cultura da non poter offrire assolutamente nulla al resto dell’umanità.

In realtà, fin dai tempi più lontani l’Africa è stata, almeno in parte, un luogo di incontri e di interscambi, un crocevia di influenze attive e passive. Come notava Lèopold Sedar Senghor, essa ha tenuto onorevolmente il suo posto alla tavola del dare e del ricevere. L’Africa ha intrattenuto da sempre vivaci scambi commerciali con i paesi del Mediterraneo, del Vicino Oriente e del sud-est asiatico. Le popolazioni del Corno d’Africa (Somalia, Etiopia) hanno avuto interscambi con le civiltà egiziana, araba e mediterranea. Le popolazioni costiere dell’Africa orientale hanno avuto contatti regolari con i commercianti arabi, i quali si sono spinti a volte fino al Congo. Questi scambi commerciali e culturali fra le popolazioni africane e le popolazioni arabe furono particolarmente intensi nell’Africa occidentale e settentrionale.

Franco Testore, disc-jockey e narratore di musica, ci accompagna in un affascinante percorso, da vero cultore, fra le diverse anime della musica africana contemporanea . Un viaggio inevitabilmente troppo breve e incompleto per rappresentare tutta la cultura musicale africana, che vuole però servire da spunto per stimolare la curiosità e la voglia di novità degli ascoltatori.
Sono spigolature , frutto di lunghe ore di ascolto , dell’immenso patrimonio e della migliore espressione della musica africana contemporanea.

Si passano in rassegna in rapida sequenza influenze, forme tradizionali, forme moderne, strumenti, stili e artisti, senza dimenticare di evidenziare volta a volta valori, problemi e prospettive, con l’aiuto di centinaia di immagini dell’Africa e della vita quotidiana dei sui popoli.

Si parte da uno degli eredi più illustri della tradizione dei griots del Mali, Ali Farka Toure, per spingersi poi nella traversata del Sahara con un gruppo di Tuareg maliani che hanno aggiunto elettricità rock alla tradizione, i Tinariwen, e arrivare così al Maghreb con la musica Raï di Khaled; quindi una puntata nel Corno d’Africa, in Etiopia, per incontrare Mulatu Astatke, che ha saputo portare la musica tradizionale etiope a confrontarsi con i suoni moderni dei più gradi jazzisti del mondo, e poi un volo fino alla punta meridionale del continente, per ricordare Johnny Clegg, il bianco cresciuto tra gli Zulu che ha avuto per primo il coraggio di contaminare diverse sensibilità musicali, ancora in epoca di apartheid, quando Nelson Mandela era in carcere e il popolo di colore non aveva nemmeno diritto di parola, in Sudafrica.

Si ritorna quindi verso nord, per incontrare il più grande musicista contemporaneo del Senegal, Youssou n’Dour, da alcuni anni Ministro della Cultura del suo Paese, e poi ancora in Mali per un doveroso omaggio a tutte le donne africane, sia quelle che restano nella loro terra che quelle che affrontano l’emigrazione, con la voce vellutata di Rokia Traore, e in Benin per ascoltare la travolgente Orchestre Poly Rythmo de Cotonou.

Uno spazio, poi, per uno degli strumenti tradizionali africani più affascinanti e dolci da ascoltare, la Kora, una sorta di arpa che usa come cassa di risonanza una zucca tagliata a metà e ricoperta di pelle di bufalo; gli innumerevoli maestri di Kora del passato e del presente sono rappresentati qui dal grande Ballakè Sissoko.

Infine, il suono nato nei campi profughi e nell’emigrazione; dapprima i Sierra Leone’s Refugee All Stars, gli unici di questa lista che cantano in inglese e non nella loro lingua di origine, per cercare di rendere più chiare a tutto il mondo le condizioni di estrema povertà della loro Nazione, dopo guerre civili, inondazioni ed epidemie, poi Bombino, Tuareg del Niger con una straordinaria tecnica chitarristica appresa in lunghi anni di permanenza nei campi profughi della Libia, da cui ha poi deciso di tornare verso sud, nella sua terra di origine, per diventare un ambasciatore in musica del suo popolo; per finire, la realtà della vita degli africani in terra straniera, rappresentata dai musicisti maghrebini dell’Orchestre National de Barbès, nata alcuni anni fa nel quartiere di Parigi a più alta densità di popolazione africana, quasi un’isola abitata dai popoli dell’Africa in un contesto così diverso da quello della propria terra di origine, che cercano comunque di non perdere la propria identità e di integrarla con quella di tutti gli altri popoli; un augurio, per terminare questo viaggio, che possa formarsi in ogni luogo un’Orchestra simile (pensate un po’, se ci fosse un’Orchestre National de San Rocco ad Asti….), perché la musica sa essere comunque un vero linguaggio universale, forse il solo attraverso il quale popoli diversissimi possono comprendersi e avere il piacere di condividere almeno una parte della vita, con rispetto reciproco.