Pesche, Coldiretti Piemonte: “Basta allo sfruttamento dell’industria”

Almeno 3 euro per un succo di frutta al bar e al produttore meno di 1 centesimo

Più informazioni su

Sta raggiungendo il culmine la situazione già critica della frutticoltura piemontese. L’industria continua ad agire indisturbata e in maniera tutt’altro che etica, a sottopagare le pesche di cui utilizza poi la polpa per succhi di frutta e marmellate, cibi preferiti anche dai bambini.

“Continuano e, anzi, si acuiscono le storture lunga tutta la filiera – evidenziano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte Bruno Rivarossa Delegato Confederale -. E’ invivibile questa situazione per i nostri produttori che ora sono costretti a conferire le pesche destinate alla trasformazione, ma che vengono pagate solo pochi centesimi. La polpa, trasportata poi fuori regione, viene utilizzata per preparare succhi di frutta e marmellate anche di grandi marchi che al consumatore vengono fatti ben pagare. Oltretutto questi prodotti sono, soprattutto, acquistati per i bambini che preferiscono consumare la frutta così piuttosto che intera. Basti pensare che un succo di frutta al bar non costa meno di 3 euro e al produttore viene dato meno di 1 centesimo: è una vergogna. Eppure sugli scaffali della Gdo le pesche continuano ad essere vendute a oltre 2€/Kg, la filiera dovrebbe iniziare ad interrogarsi seriamente.

Oltretutto l’agroindustria percepisce finanziamenti grazie ad apposite misure del Psr. É questo il modo poi di tenere sotto scacco i produttori? Con l’evento Frutta e Legalità, dello scorso 28 giugno, abbiamo acceso i riflettori su quanto sta avvenendo nel mercato frutticolo piemontese che ha un fatturato di oltre 500 milioni di euro con una superficie di 18.479 ettari e oltre 7 mila aziende. Proprio in quella occasione, il Presidente della Regione, Alberto Cirio, si è impegnato ad attivare, su nostra richiesta ed in collaborazione con l’Osservatorio Agromafie, un Osservatorio regionale su prezzi e sulle dinamiche del mercato dell’ortofrutta piemontese. Occorre – concludono Moncalvo e Rivarossa – dar seguito al più presto a tale impegno anche per monitorare questa situazione e per scoprire quali sono i marchi che producono senza tener conto di alcun valore etico”.

Più informazioni su