La culla e i giorni: in uscita il nuovo romanzo di Gianfranco Miroglio

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Può capitare di nascere in modo per lo meno improbabile, con la conseguenza immediata di dover affrontare, fin da piccolo piccolo, momenti e passaggi difficili o strambi. Come imbattersi nella voce di un fratello-gemello bellissimo ma mai comparso davvero alla luce del sole. Di doverne subire il richiamo e il fascino, la voce e il rimpianto. Un po’di rimorso. O farsi accompagnare da lui a raccogliere storie attraverso giorni e stagioni, attraverso colli e pianure, cercando gli orizzonti e la luna, desiderando i colori del mare. Aspettando la neve.

Questo è “La culla e i giorni”, quarto romanzo di Gianfranco Miroglio, in uscita nei prossimi giorni (Punto a capo editrice – collezione letteraria).

La copertina e la postfazione sono a cura del critico Elio Grasso che così scrive nella postafazione del libro: “A torto o a ragione il regio popolo ha un DNA enologico e cacciatore, quasi una solenne purezza che avvertiamo subito in questa Ballata inventata, prodotta e scritta da Gianfranco Miroglio con ostinata veemenza e spolverata, quasi senza ritegno, lungo i confini misteriosi (almeno per chi non è di quelle parti) e mobili fra Roero, Monferrato meridionale e Langa. Gli incastri definiscono prima di tutto la favolosa geografia, mentre lì in giro non mancano di farsi osservare i personaggi di una movida terricola e risonante, folta e di forte muscolatura: le scale risuonano di passi pesanti, i corpi risentono del calore biancastro ai piedi dei pendii, le voci sono sempre alte e pronte all’esagerazione del punto esclamativo al termine di ogni frase. E, in gran parte delle scene d’interni, sono più le domande che le asserzioni. Ma quando Miroglio fa partire i suoi eroi, femmine d’onorata casata e ometti dubbiosi, si scatenano controversie e amabili spintoni, pensieri gerarchici e faldoni di tenerezze, mentre la ricerca di buoni servigi non viene mai meno. Su tutto si allargano i suoni del terreno, delle attività campagnole, delle numerosissime campane. Appaiono i nomi delle genti, qualcuno inizia a raccontare, a dire la sua, e inizia la cavalcata in piena luce di personaggi che sembrano, a un tempo, figli e fratelli e sorelle dell’autore”.

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