Il Cerchio magico: Fridays for future

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Sono trascorse meno di due settimane dal Friday for future e dai cortei che, in moltissime città, hanno visto i ragazzi e giovani riversarsi nelle strade per dire che la vita su questo pianeta è messa a rischio da un utilizzo irresponsabile delle risorse e da stili di produzione e di vita insostenibili. In quei giorni concitati, di grande fermento, abbiamo visto anche reazioni inaspettate (o, forse, attendibili, ma che avremmo preferito non vedere): persone adulte, genitori, educatori, insegnanti puntare il dito contro questi ragazzi tacciandoli di inconsistenza, ipocrisia e naïveté. Greta Thunberg, sedicenne svedese che ha avviato il movimento, è stata accusata di essere un burattino nelle mani dei poteri forti o – alternativamente – di genitori senza scrupoli; sulla sindrome di cui soffre sono state riversate parole vergognose e lei ha sentito di dover quasi giustificarsi dicendo una volta ancora quale sia la sua storia e l’origine del suo impegno.

In quei giorni di clima avvelenato (è il caso di dirlo) anche parlare era difficile perché ogni parola rischiava di essere divisiva e rifiutata, ma a dieci giorni di distanza forse si può finalmente e con ragionevolezza ragionare.

Alcuni elementi: i cambiamenti climatici sono conseguenza del riscaldamento globale causato dall’uomo, c’è poco da fare; il cambiamento nelle abitudini dei singoli non bastano, ma sono importanti e – soprattutto – una cittadinanza consapevole e disposta a modificare il proprio stile di vita produce una classe politica in grado di prendere decisioni forti e significative in tema di impatto ambientale. Senza la prima, non è data la seconda. In democrazia i sovrani illuminati non esistono e anche i migliori governanti, se il popolo non li segue, in pochi anni vengono messi da parte, per cui partire dall’azione individuale e dalla costruzione di conoscenza e consapevolezza è necessario. Quindi quando qualcuno dice che “tanto non serve a nulla” mente. Sapendo o meno di mentire, non saprei, ma comunque mente.

Detto questo, però, c’è un tema che mi sta in questo momento più a cuore ed è quello del rapporto tra le generazioni e qui quello che è successo è francamente desolante.

Non bastavano i ritornelli triti e ritriti sui giovani disimpegnati evidentemente, perchè quando i giovani s’impegnano vengono trattati o come poveri illusi o come consapevoli ipocriti e quindi “ma allora rinunci al telefonino?” e McDonald?!

Insomma sembra che questi ragazzi non ci vadano bene mai, ma la realtà è che li preferiamo di gran lunga quando stanno silenti e sopiti sotto una coltre di benessere che si fa sempre più corta,  mentre invece ci infastidiscono quando stanano le nostre abitudini e ci urlano in faccia che ce ne stiamo fregando del loro futuro. Come siamo diventati così? Cosa ci è successo? La mia generazione, nata negli anni ’70, non è stata una generazione particolarmente battagliera, ma – mi ricordo – ci definivano “disimpegnati politicamente e impegnati socialmente” e allora come facciamo a non riconoscerci in questi ragazzi che sfidano il disincanto nel quale sono cresciuti e osano credere in un cambiamento possibile? Lo so, lo sappiamo tutti che non rinunciano al telefonino, ma – perché – noi ci rinunceremmo? Sono incongruenti, ma certo non più di noi! La differenza tra noi e loro è che loro ci credono e noi, forse alcuni di noi, non più e allora il mondo è di chi lo sogna, il mondo è loro. E francamente io spero che ci saranno mille e mille azioni di protesta e di sensibilizzazione, mentre a spaventarmi è piuttosto la scelta (ormai diventata caso di studio negli USA) di millennials che non fanno più figli per la paura delle conseguenze dei cambiamenti climatici, per il pensiero del pianeta in cui i loro figli vivranno. Ecco, questa scelta, che – mi dispiace dirlo – è comprensibile, è di una tristezza assoluta, è la negazione di ogni speranza… questa andrebbe condannata nel nome di un futuro difficile certo, ma possibile col concorso di tutti.

Le marce, gli scioperi invece sono segnali di speranza, sono grida di speranza e allora ben vengano, moltiplichiamoli e lasciamoci trasformare anche noi mentre accompagniamo i nostri figli al passaggio dalle idee alle azioni pratiche, lasciamoci trasformare con loro e forse – chissà – ritroveremo anche noi un po’ di passione.

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