Generazione Erasmus Piemonte: la storia di 30 anni di mobilità universitaria

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Nell’anno accademico 2018-19 le domande di mobilità Erasmus presentate dagli studenti piemontesi sono quasi raddoppiate rispetto al 2013-14, passando da 1.700 a oltre 3.200, e 1.410 sono gli studenti finora partiti rispetto agli 879 di allora. Tra le destinazioni preferite troviamo al primo posto la Spagna (31,5%), seguita dalla Francia (22,4) e dalla Germania (10,3). Aumentati anche gli studenti incoming (ovvero gli studenti stranieri in arrivo nell’Ateneo piemontese), passati da 597 nel 2015-16 a 857 nell’anno accademico in corso, la maggior parte provenienti da Spagna, Francia e Germania, ma anche da altri Paesi europei ed extraeuropei.

Sono alcuni dei dati contenuti nel lavoro condotto dal Dipartimento di Psicologia dell’Università degli studi di Torino e realizzato con il sostegno della Consulta regionale dei Giovani e della Consulta Europea del Consiglio regionale del Piemonte a 30 anni dall’avvio del programma Erasmus in Piemonte: uno studio che descrive gli andamenti dei flussi della mobilità internazionale dell’Ateneo torinese e rilegge l’esperienza come momento centrale di crescita e transizione all’età adulta, oltre che di costruzione di un’autentica cittadinanza europea. Lo studio è stato presentato oggi, 14 marzo, a Palazzo Lascaris.

Nel 1988-89, primo anno in cui l’Università di Torino partecipò agli scambi Erasmus, dall’Ateneo partirono 45 studenti verso varie destinazioni europee e ne furono accolti circa 20 provenienti a loro volta da diverse realtà a livello europeo. Da allora molto è cambiato, e oggi l’Ateneo rappresenta un’importante istituzione di collegamento e scambi collaborativi con molti Paesi europei ed extraeuropei, come testimoniano i dati relativi al numero di accordi bilaterali avviati in questi decenni: dal 2015 si è assistito ad un incremento costante, arrivando a siglarne più di 1.000 nell’anno accademico 2017/2018, attivati in prevalenza dai dipartimenti delle aree socio-economiche ed umanistiche.

Il progetto Erasmus, realtà ormai ampiamente consolidata in Italia e in Europa, ha rappresentato e rappresenta un laboratorio internazionale dell’istruzione superiore, il cui scopo educativo è la “costruzione dell’Europa del cittadino”, proprio a partire dalla mobilità degli studenti.

La sua finalità non riguarda dunque unicamente lo studio all’estero, ma coinvolge anche la vita all’estero, cioè l’esperienza complessiva vissuta dallo studente durante il soggiorno in un’altra università. Per molti giovani lo scambio Erasmus rappresenta l’occasione per vivere per la prima volta in un Paese diverso da quello di origine e per organizzarsi la vita in maniera indipendente, lontano dalla famiglia, e imparare ad assumersi delle responsabilità.

“Celebrare il traguardo trentennale di un’iniziativa quale il progetto Erasmus significa riconoscere i passi compiuti verso una sempre maggiore integrazione europea dei cittadini di oggi a partire dal periodo cruciale degli studi universitari – sostiene Francesco Graglia, vicepresidente del Consiglio regionale delegato alla Consulta europea – Il cammino durante i tre decenni non è certamente stato facile e lineare ma, alla luce delle conclusioni di questo studio, sostenuto con convinzione dalla Consulta regionale dei Giovani e dalla Consulta europea, i fattori positivi per la vita dei giovani che vi hanno preso parte sono assolutamente prevalenti”.

“Il programma riconosce l’importanza dell’istruzione non solo sul piano della formazione professionale finalizzata all’inserimento nel mondo del lavoro – spiega il professor Umberto Morelli, coordinatore istituzionale del Programma Erasmus e titolare della cattedra Jean Monnet dell’Università di Torino – ma anche sul piano della formazione dell’individuo secondo l’ideale classico della paideia, cioè crescita della personalità, socializzazione nella comunità, interiorizzazione dei valori universali alla base dell’ethos di un popolo. Nel caso specifico, si tratta di formare il cittadino dell’Europa unita, consapevole dell’identità comune europea e dei valori condivisi da tutti i popoli europei”.

“In un mondo spinto da dinamiche che trascendono la portata dei singoli Stati diventa fondamentale sentirsi parte di una comunità più ampia, senza per questo perdere la propria identità – commenta Giorgio Bertola, consigliere segretario delegato alla Consulta dei Giovani – Sulla spinta dei cambiamenti socio-culturali sempre più veloci che stanno interessando l’intero Occidente, è quindi auspicabile che progetti del calibro di Erasmus possano incrementarsi e interessare una popolazione universitaria sempre più ampia”.

“Solo il 2 per cento degli studenti dell’Università degli studi di Torino va all’estero, un dato elevato rispetto alla media nazionale ma non rispetto a quella europea. Per questo motivo abbiamo deciso di partecipare ad un bando europeo per creare maggior mobilità tra le università europee e la sfida è arrivare al 50 per cento di mobilità in dieci anni”, conclude Lorenza Operti, vice rettrice alla didattica e all’internazionalizzazione dell’Università di Torino .

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