San Damiano ricorda Ferdinando Stefanizzi, Medaglia d’oro al Valor Militare fotogallery

A San Damiano, oggi, venerdì 8 febbraio, si è svolta la commemorazione del Carabiniere Scelto Ferdinando Stefanizzi in piazza Libertà: nell’occasione è stata mostrata la nuova illuminazione al monumento del caduti, nel concentrico.

Era l’8 febbraio del 1988 e, proprio a San Damiano d’Asti, un carabiniere di 30 anni, Ferdinando Stefanizzi, fu ucciso da tre banditi che avevano appena svaligiato l’ufficio postale di San Damiano d’Asti. Il carabiniere, in borghese, era in servizio anti-crimine insieme al Comandante della Stazione Locale, il maresciallo Giuseppe Mancuso. I due uomini dell’Arma tentarono di bloccare i delinquenti, ma evitarono di far fuoco perché la piazza antistante l’ufficio postale era gremita di gente. Uno dei tre banditi sparò a bruciapelo a Stefanizzi, che morì durante il trasporto in ospedale. Mancuso fu preso in ostaggio, caricato sulla macchina dei rapinatori che lo abbandonarono fuori dell’abitato. Due vigili urbani assistettero inermi alla fuga dei delinquenti. Stefanizzi fu decorato di Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

San Damiano d’Asti non ha mai dimenticato il sacrificio di Stefanizzi, a lui infatti è intitolata la stazione dei carabinieri locale: tutti gli anni ha commemorato pubblicamente l’anniversario della sua morte con l’Onere ai caduti in piazza Libertà e la Messa in San Giuseppe.

Commosso, con queste parole, il Sindaco di San Damiano d’Asti, ha ricordato il Carabiniere Scelto:«Oggi è un giorno di memoria, di ricordo, che celebriamo senza sosta da quell’8 febbraio 1988. Fu un giorno nero per San Damiano, un giorno di rabbia, lacrime e passione. Un giorno in cui tutto l’ordinario, tutti gli eventi della vita, vennero trascinati in un vortice inesorabile sino all’epilogo. Quella fu una tragedia greca, con al centro il suo eroe. L’eroe è colui che per eccezionali virtù di coraggio o abnegazione s’impone all’ammirazione di tutti. E per ammirazione si intende quell’atteggiamento di meraviglia di fronte a qualcosa di affascinante. Fernando fu tutto questo, fu epico, fu eroico ed è per questo che oggi è ammirato. Nella vita vi è chi muore e chi non muore. Fernando rientra a pieno titolo in questa seconda categoria. Come scrisse Isabel Allende:”La morte non esiste. La gente muore solo quando viene dimenticata.” Il culto della memoria è uno delle basi del progresso umano. Senza la memoria la nostra vita diviene insignificante. Solo il ricordo permette ad una società civile di progredire il ricordo ci costringe a quel continuo duello tra ciò che è giusto fare e quello che invece è semplice fare…e che definisce cosa siamo. Ovvero, come scrisse LEONARDO SCIASCIA nel “Giorno della civetta”:“Io, (Don Mariano Arena, boss della mafia) ho una certa pratica del mondo. E quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, la divido in queste categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, e i quaquaraquà. Lei, (rivolto al capitano dei Carabinieri, Bellodi) anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo…. lei è un uomo”»

«Stefanizzi ha scelto di essere un uomo, ha scelto di seguire il dovere, ha detto Caliendo- l’8 febbraio 1988 alle ore 12.35, avrebbe potuto tranquillamente scegliere, in quei secondi tragici, di essere normale, di non affrontare il pericolo, di tenere l’arma nella fondina. Ma lui scelse un’altra strada. Quella del dovere, della giustizia e della solidarietà verso i cittadini e verso il suo comandante. Per questo estrasse la pistola e fu ucciso. Ciò lo ha reso un uomo ed un servitore dello stato. E ricordiamoci che “servire” è la prima arte, è l’arte suprema. Dio stesso serve gli uomini pur non essendo servo degli uomini. Fernando è qui con noi. Fernando è in quella statua di ragazzo caduto per l’Italia. È insieme a nostri caduti civili, ai nostri soldati, ai nostri carabinieri, poliziotti, insieme a tutti coloro che hanno permesso a noi di poter essere qui oggi. Liberi ed in uno stato democratico, dove la libertà di pensiero e di parola non ha restrizioni alcune. In questi anni abbiamo fatto tanti discorsi, io per primo, tante parole, anche belle. Ma le parole volano via come il vento. L’unica cosa davvero importante è essere qui, su questa piazza, su queste pietre. Io penso che nella vita le cose fondamentali siano due: la bellezza e il ricordo. Tutti noi cerchiamo costantemente la bellezza che è tutto ciò che ci fa stare meglio, e Fernando è bellezza pura, cristallina. E poi il ricordo, senza il ricordo non siamo nulla. Senza il ricordo moriamo davvero. Ed è per questo ho voluto fortemente che questa statua, da questo pomeriggio sia illuminata, perché è importante! Perché è importante che sia sempre visibile, e lo diventi ancora di più alla sera, nel buio, quando le paure e le insicurezze si fanno più forti. Ed io sono convinto che ci farà stare meglio, magari non ne saremo consapevoli, ma sarà così. Da questa sera questo ragazzo, in cui c’è anche Fernando, sarà in un aurea di luce, di luminosità. Sarà come una stella, un monito ma soprattutto una sicurezza. Quindi ragazzi, quando siete qui, su questa piazza guardatelo quel ragazzo e siatene orgogliosi come anche la targa. Perché ogni volta che la guardate li fate rivivere. Un abbraccio a voi famigliari, ed un abbraccio speciale alle forze armate e soprattutto all’arma dei carabinieri a cui sono vicino affettivamente come ricordi famigliari. L’arma dei carabinieri ha accompagnato l’Italia dal 13 luglio 1814 sino ad oggi, nei momenti di atroce difficoltà e nei momenti di immensa gioia che hanno costellato il nostro paese. Non sono in grado di spiegare cosa sono i carabinieri, sarebbe limitativo ed imperfetto, preferisco citare due motti dell’arma, che danno il senso immediato del loro significato e che si rivedono nel carabiniere scelto Fernando Stefanizzi: NEI SECOLI FEDELE, USI OBBEDIR TACENDO E TACENDO MORIR».