Il grido d’allarme dell’INPS: l’altra faccia di “quota 100“ e del reddito di cittadinanza

“Quota 100” e reddito di cittadinanza preoccupano anche l’INPS.

Per la prima volta nella storia dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, infatti, l’alta dirigenza ha lanciato un grido d’allarme e ha ammesso che l’Istituto non ha il personale sufficiente per svolgere i compiti assegnatigli dalla legge.

La criticità della situazione è emersa in una videoconferenza nazionale su “quota 100” e “reddito di cittadinanza” dello scorso 6 febbraio, un appuntamento che doveva essere di routine e che ha invece assunto toni drammatici.

“Non solo non c’è più il personale sufficiente per adempiere a tutti i compiti istituzionali – spiega Salvatore Bullara, Cordinatore regionale
CISL INPS Piemonte – ma gli ultimi due adempimenti previsti dalla legge di bilancio e fortemente voluti dal Governo rischiano di far letteralmente “saltare il banco”. In particolare, il provvedimento relativo alla pensione con “quota 100”, oltre ad aumentare il carico di lavoro degli uffici, poiché interessa anche il personale dell’Istituto, riduce il numero dei funzionari che possono liquidare le pratiche di pensione.

E se è vero, com’è vero, – continua – che in videoconferenza un direttore regionale avrebbe addirittura suggerito di individuare immediatamente i servizi che quest’anno si dovranno in qualche modo mettere da parte per provare a realizzare i provvedimenti bandiera del governo, non è possibile immaginare di non liquidare più le NASPI o le invalidità civili, così come non si può smettere di controllare i corretti versamenti delle aziende o evitare di recuperare i contributi previdenziali omessi, per non parlare della sistemazione degli estratti conto previdenziali errati, ecc… Insomma, non esistono servizi all’utenza che possano essere trascurati.”

A livello nazionale, secondo il piano dei fabbisogni di novembre 2018 i dipendenti INPS, per poter svolgere tutti i compiti di competenza dell’istituto dovrebbero essere 31.155 (“numero peraltro decisamente sottostimato in quanto calcolato sulla base di una presenza di 11 mesi all’anno e con dei tempi di lavorazione standard, cioè escludendo semplicemente le ferie, e non calcolando anche un minimo di imprevisti quali malattie ecc…” – sottolinea Bullara) , mentre invece a quella data erano solo 25.755 e ad oggi sono ulteriormente diminuiti.

E non bastano le assunzioni autorizzate dal Governo, che erano già insufficienti prima della legge di bilancio, e sono diventate addirittura risibili a causa dei nuovi carichi di lavoro derivanti dal reddito di cittadinanza e quota 100, e della previsione (contenuta sempre nella legge di bilancio) che le ha spostate a dopo il 15 novembre.

Anche i dati che riguardano il Piemonte non sono confortanti. Alla data del 1 gennaio 2019 i dipendenti dell’INPS nelle sedi piemontesi erano 1356, già drasticamente scesi se si pensa che, nel 2012, prima della fusione con l’INPDAP, erano circa 1800 (e 500 quelli in carico alla stessa INPDAP).

La riduzione dei dipendenti ha comportato la necessaria riduzione dei servizi offerti dall’Istituto, molti dei quali sono stati digitalizzati, con la conseguenza della riduzione dei servizi forniti allo sportello. E la situazione, nel prossimo futuro, non potrà che peggiorare.

Secondo dati ufficiosi, infatti, nella prima settimana di “quota 100” sarebbero 26 i dipendenti delle sedi INPS piemontesi che hanno già presentato domanda di pensione e si prevede che in corso d’anno il numero delle domande di pensione raddoppierà, il che porterà ad un ulteriore aggravamento della carenza d’organico. Per quanto riguarda la sede di Asti, che conta 90 dipendenti, sono tre le domande già presentate.

“Insomma – conclude Bullara – di questo passo il rischio concreto, anzi concretissimo, è che se anche nel 2020 il governo dovesse autorizzare l’INPS ad assumere tutti gli impiegati mancanti (ipotesi peraltro poco credibile) anche questo provvedimento sarebbe inutile, semplicemente perché non ci sarebbe più in servizio il personale necessario a formare i nuovi assunti, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili sui tempi e sulla qualità dei servizi erogati alla cittadinanza.

E’ dunque necessario un intervento immediato ed urgente che consenta all’Istituto di procedere ad assumere con procedure straordinarie tutte le unità di personale mancanti, in modo che queste possano essere immesse in ruolo già entro l’anno 2019.”