Legge di Bilancio 2019, il punto di vista di Paolo Bassi

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Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Paolo Bassi (Consigliere Comunale di Asti) sulla Legge di Bilancio approvata in questi giorni.


Finalmente è atterrata la legge di bilancio 2019, per fortuna qualche ora prima che scattasse l’esercizio provvisorio, il “commissariamento” dello Stato italiano, che sarebbe durato dai 5 ai 7 anni, limitandone le azioni in materia economica.

Il dualismo partitico al governo nazionale composto da Cinque Stelle e Lega si è dovuto scontrare con gli ennesimi diktat europei: dopo un tira e molla durato mesi la finanziaria ha preso una piega decisamente al ribasso rispetto alle idee originali. Dopo aver subito una limatura di “appena” 10 miliardi di euro non c’è stato più spazio per i rispettivi cavalli di battaglia, reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni, almeno non come erano stati programmati e soprattutto ha messo ben poco per la crescita e l’occupazione.

Per la prima, fortemente voluta dai pentastellati, la riduzione delle risorse da destinare a capitolo ha di fatto obbligato a far slittare la data d’avvio da gennaio a marzo 2019, casualmente appena in tempo per le elezioni europee del 26 maggio; al posto di questa operazione sarebbe stato più utile introdurre sgravi fiscali per le aziende che assumono, che creano veri posti di lavoro.

Tra le 75 pagine della legge noto parecchie lacune: meno soldi per l’istruzione, 60 milioni in meno per spese militari, poco o nulla per ricerca e sviluppo, infrastrutture e lavoro, il raddoppio dell’IRES per gli enti no profit, che passa dal 12 al 24%. “Una manovra così poteva essere scritta da Renzi o Monti”, per citare giustamente l’esternazione di Giorgia Meloni.

Una legge che non va assolutamente a fare il bene del Paese ma che va esclusivamente a dare la consueta paghetta elettorale in vista delle prossime elezioni di primavera, con buona pace degli elettori di centrodestra del nord che non vedono investimenti per la crescita, per il lavoro, per i trasporti ma vedono solo le loro tasse pagate dirottate perlopiù al sud, a mantenere chi il lavoro neanche lo cerca.

Anche sulla TAV ha vinto la linea ortodossa del movimento, il ché non dovrebbe far sorridere troppo Di Maio, visto il prepotente ritorno di Di Battista.
Attendendo le riforme su giustizia, scuola e lavoro, un consiglio al nostro collega naturale Matteo Salvini che, pur facendo anche lui slittare di qualche settimana l’avvio della ormai famosa quota 100, riesce a portare a casa il primo punto del programma degli amici della Lega. Dovrebbe tenere in considerazione le imminenti elezioni regionali: gli imprenditori piemontesi, che storicamente sono sempre stati vicini alle idee della coalizione di centrodestra, hanno sicuramente interesse a vedere ultimate opere di valenza strategica come la TAV e l’autostrada AT-CN, e la scusa della valutazione dei costi e benefici non può durare in eterno. Sarebbe meglio un suo deciso cambio di rotta, un ritorno alle origini con i partiti che da sempre hanno affiancato la Lega, prima che la deriva rossa all’interno del movimento abbia completato la scalata.

Paolo Bassi, consigliere Comune di Asti

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