Lettere al direttore

“Se i giovani non hanno buoni gusti musicali, forse è anche colpa nostra”

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Riceviamo e pubblichiamo

“A seguito del tragico episodio del concerto di Corinaldo dove sei persone hanno trovato la morte, nelle ultime settimane si è fatto un gran parlare delle nuove generazioni. Un dibattito che, partendo dal fatto specifico, si è poi ampliato e dal quale è sortita una più generale discussione sulle preferenze musicali e sulle abitudini sociali dei nostri ragazzi.

Rimbalzato da un media all’altro e amplificato dai social, esso ha tuttavia non di rado proposto una ben poco lusinghiera rappresentazione delle nuove generazioni, cui è stato imputato un certo grado di ignoranza e superficialità.

Descritti come smidollati, incapaci di discernere il bene dal male, acritici seguaci dell’ultima fra le tante effimere mode propinate dalla società dell’opulenza, come da copione i nostri giovani sono stati eletti a capro espiatorio responsabile di una situazione di cui nella quasi totalità dei casi essi, in realtà, sono invece vittima.

Puntare il dito contro i giovani, giudicandoli ed accusandoli, è un gioco fin troppo facile, oltre che inconcludente. Indubbiamente i giovani, proprio come gli adulti, sbagliano e talvolta sino a rendersi responsabili di gesti anche gravi; e certo di fronte ai costumi ed alle convinzioni di alcuni adolescenti, dinanzi a certi gesti, provare sgomento è più che comprensibile. Si dimentica però che il fallimento di un ragazzo è quasi sempre conseguenza del fallimento educativo di chi preposto a formarlo e a prepararlo all’avvenire.

Si fa presto a sentenziare che le nuove generazioni sono traviate da canzonette che veicolano contenuti diseducativi; ma in una società pervasa dalle sirene ammaliatrici del consumismo, dove i valori vengono troppo spesso calpestati da mere logiche di mercato, dovrebbero essere gli adulti ad avvertire l’inderogabile dovere etico di proteggere ed educare le nuove generazioni. E, in questo caso, educare significa offrire ai ragazzi gli strumenti per operare scelte in modo consapevole.

Illiberale, autoritario oltre che inefficace sarebbe, così come da qualche parte si è proposto, imporre agli artisti limitazioni sui contenuti delle loro creazioni; serve invece sensibilizzare i propri figli su cosa significhino rispetto, tolleranza, fratellanza; serve fornire alternative, portarli a teatro, regalare loro uno strumento musicale, ascoltare assieme dieci venti cento generi musicali differenti.

E, primo fra tutto, serve l’esempio. Ognuno di noi può dare il suo piccolo contributo: genitori, nonni, fratelli, insegnanti, così come coloro che sono preposti a prendere decisioni per la collettività, tutti sono responsabili dell’educazione dei giovani e nessuno può chiamarsi fuori.

Insomma, anziché scandalizzarsi del fatto che i nostri figli apprezzano così tanto la volgarità, sarebbe forse più utile interrogarsi su quanto sinora abbiamo fatto, noi adulti, per offrir loro l’opportunità di conoscere anche l’altra faccia della medaglia, la musica profonda, spirituale, portatrice di quei valori che tanto propugnamo. Se non hanno buoni gusti musicali, forse è anche colpa nostra.”

 

Fabio Mengozzi

 

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