Il Cerchio magico: “Becoming”

Se il primo libro letto nell’anno nuovo è destinato a segnare tutto l’anno, mi sento particolarmente fortunata per il fatto che questo libro sia “Becoming”di Michelle Obama.

Dico subito che non avevo bisogno di questo per diventare una fan di Michelle, lo sono da quel novembre del 2008 quando il neoeletto Presidente degli Stati Uniti presentò al mondo la sua “migliore amica” e il mio apprezzamento è cresciuto negli anni, in particolare per la sua attenzione ai risvolti socio-economici della salute, per quella capacità di essere spontanea e autentica in tutte le circostanze, perfino davanti alla Regina d’Inghilterra, e perché intuivo che il suo era un matrimonio vero, nel quale due persone vere e di carattere riuscivano a restare unite e a sostenersi reciprocamente. Leggendo Becoming ho compreso da dove nascesse la sua assertività, ovvero dal suo percorso da un quartiere a prevalenza afroamericana di Chicago, fino ad Harvard e oltre, ma sono stati altri due gli aspetti che mi hanno colpita in maniera particolare.

Il primo riguarda la consapevolezza maturata poco alla volta della differenza tra scegliere un lavoro e scegliere una professione: senza dare eccessive anticipazioni (nulla più di quanto si può trovare su wikipedia) a un certo punto Michelle si trova a confrontarsi con la scoperta che la carriera che ha scelto, per la quale ha studiato e che le stava garantendo quell’ascesa sociale che era stata preclusa ai suoi genitori, non la rendeva felice, anzi la stava inaridendo. Così – anche grazie all’incontro con Barack – trova la forza di conoscersi più in profondità e scegliere una strada meno sicura, meno proficua e che anzi le rendeva difficile pagarsi i debiti contratti per studiare. In questo processo di discernimento, che – quando inizia – non si ferma più, non solo lei, ma tutti noi abbiamo l’opportunità di costruire la persona che vogliamo diventare, scoprendo che la professione, che è una vocazione (come è evidente nella lingua tedesca, che usa una sola parola per indicare entrambi), ha ben poco a che fare con un sentiero da azzeccare e molto invece con una casa da costruire, attraverso una progettualità iniziale – certo – ma anche infinite rivalutazioni prese in corso d’opera e una serie di decisioni successive  che solo la realtà sa provocare.

Il secondo punto ad avermi colpita riguarda il tema sotteso a tutto il libro, ovvero la riflessione sulla differenza. Tutto il racconto sembra ruotare attorno a una affermazione, che – a mio parere – ne è la ragione ultima: ciò che unisce è molto più di ciò che divide. Michelle, fin da bambina, col suo bagaglio di esperienza familiare si scontra con differenze (sociale, culturali, economiche) sempre crescenti e davanti ad esse cercherà sempre il modo di restare ancorata a se stessa, senza lasciarsene però spaventare o intimidire, finché l’incontro con Barack – totalmente altro rispetto a lei per storia e per mentalità – le svelerà che la differenza può non essere semplicemente accettata, ma risultare affascinante, sfidante e foriera di novità imprevedibili. In una società composita come quella americana, e come sta diventando anche la nostra, ragionare sulle differenze in termini sereni, ma non semplicistici, è assolutamente urgente e lei lo fa a partire dalla sua storia fino ad arrivare agli incontri con gli elettori dell’Iowa e poi ai grandi appuntamenti istituzionali.

In questo libro c’è anche tanto altro: ambizione, amore, maternità, lutti… Eppure sento di dire che quell’invito a mettersi in ascolto di se stessi per costruire con coraggio il proprio personale percorso di vita e la disponibilità a lasciarsi interrogare dalle differenze incontrate, sono gli aspetti più significativi e probabilmente anche il miglior augurio che ci si possa fare per l’anno appena iniziato.