Il Cerchio magico: i figli sono diversi da noi

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Una delle conseguenze forse meno prevedibili della maternità è doversi confrontare in maniera via via sempre più vivida con le differenze che ci separano dai nostri figli. A volte scopriamo in loro attitudini che noi non abbiamo e questo è normalmente piacevole, ma può capitare anche di scoprirli più fragili e meno propensi di noi verso cose che ci sembravano scontate: magari meno interessati allo studio, meno portati per il canto, per lo sport o per qualsiasi altra attività importante per noi. E, fuor di retorica, scoprirlo non è affatto piacevole, anzi può far soffrire.

È facile moraleggiare dicendo che i genitori non devono cercare nei figli un loro rispecchiamento, ma dire cosa “si dovrebbe provare” (per quanto giusto) non ha mai aiutato nessuno, mentre guardare fino in fondo a ciò che si prova realmente sì. E dunque la verità è che quando si vanno a toccare aspetti fondanti per la propria identità è facile percepire come ingiusta la scoperta che nei figli quelle attitudini mancano e si rischia addirittura di non dare la giusta importanza a quelle che hanno. E non si tratta di rispettare le naturali inclinazioni, cosa che – da genitori- tutti cerchiamo di fare pur se con i nostri limiti, si tratta di quel senso di delusione che a volta proviamo, del quale ci vergogniamo, che non riusciamo ad ammettere nemmeno con noi stessi e che ci fa sentire pessimi genitori.

Il fatto è che la genitorialità è davvero un’esperienza nella quale quasi nulla è prevedibile e i nostri figli sono fondamentalmente un mistero che si svolge davanti ai nostri occhi e che non riusciamo mai ad afferrare.  Così ammettere la delusione può essere salutare, perché quando accettiamo di veder sgretolare l’immagine del figlio ideale ci concediamo di lasciar emergere quella reale: un po’ quello che avevamo provato al momento del parto, quando al bimbo sognato si sostituisce QUEL bimbo, con quegli occhi, quella bocca. È un amore che si purifica col tempo, quello del genitore, proprio se si lascia lavorare dalla realtà del figlio, se permette a questa di rivelare le proprie zone d’ombra e i tanti desideri insoddisfatti, ancora in cerca di riscatto, per disfarsene finalmente, per aderire a ciò che è, perché la realtà è il vero dono.

In questo percorso di ammissione delle piccole/grandi frustrazioni legate ai figli una cosa però è importante: viverle senza farle pesare a loro. Se è oltremodo sano ammettere con se stessi che un figlio possa – in un determinato ambito – essere “deludente”, è però sbagliato che questo messaggio arrivi a lui/lei, perché i figli non hanno alcuna responsabilità delle nostre fantasie su di loro e dei nostri narcisistici rispecchiamenti.  Questa è la nostra “battaglia”, non la loro, a loro sta solo (si fa per dire) conoscersi, amarsi e diventare ciò che sono. Col nostro aiuto.

Insomma… genitori si cresce!

 

 

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