AIMC Asti: un’ora di educazione alla cittadinanza può formare “cittadini migliori”?

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato di AIMC Asti arrivato in Redazione.


“Rispetto a episodi frequenti di noncuranza per i beni di tutti e di scarsa consapevolezza delle conseguenze di azioni sconsiderate, dall’imbrattare un muro allo sporcare la strada, noi sindaci proviamo a rispondere con l’introduzione della materia di Educazione alla cittadinanza in tutte le scuole. Una materia per interrogarsi sulle regole e sul loro significato, sul rispetto del bene comune e dell’altro. Diritti e doveri, quel che fa di ciascuno di noi un cittadino migliore. Dedicare cura alla formazione di una coscienza civica, sotto tutti gli aspetti, potrà assicurare preziosi alleati a tanti che si battono ogni giorno per il rispetto delle regole e della legalità”.  Queste sono le parole con cui  il presidente dell’Anci Antonio Decaro, sindaco di Bari, ha annunciato l’avvio – il 20 luglio – di una raccolta di firme, da parte di molte città italiane, a sostegno di una legge di iniziativa popolare per introdurre l’ora di educazione alla cittadinanza come materia curricolare nelle scuole di ogni ordine e grado. L’iniziativa è stata fatta propria anche dal Comune di Asti.
L’Associazione Italiana Maestri Cattolici di Asti promuove percorsi formativi rivolti agli insegnanti e dal 2007, in collaborazione con il Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese, propone iniziative di formazione-informazione rivolte non solo agli  insegnanti ma anche a  genitori e amministratori del territorio, partendo dal presupposto che per educare alla cittadinanza la scuola non basti, ma sia necessaria un’azione congiunta di tutta la comunità.
In relazione alla sopra citata proposta si ritiene che  “Interrogarsi sulle regole e sul loro significato, sul rispetto del bene comune e dell’altro, su diritti e doveri e su ciò che fa di ciascuno di noi un cittadino migliore”, per un’ora la settimana,  non sia sufficiente a formare  cittadini migliori. La maggior parte delle maestre della scuola dell’infanzia e della scuola primaria – ordini di scuola cui si rivolgono le nostre proposte formative – educano alla cittadinanza ogni giorno, non solo nell’orario curricolare, ma anche in quello che viene definito curricolo informale.
Sul sito del Comune di Asti, alla pagina   http://www.comune.asti.it/archivio10_comunicati_0_15224.html  si legge: “È una proposta di legge con un impianto molto leggero, 6 articoli,  che ora attende il sostegno di 50.000 firme per approdare in Aula  parlamentare. Essa prevede “l’insegnamento di educazione alla cittadinanza come disciplina autonoma con propria valutazione, nei curricoli e  nei piani di studio di entrambi i cicli di istruzione”, con un monte  ore  non inferiore alle 33 ore annuali anche rimodulando gli orari delle discipline storico filosofico giuridiche.”
Come  evidenziano  le Indicazioni Nazionali 2012, il documento Indicazioni Nazionali e Nuovi Scenari e La Raccomandazione del Consiglio Europeo del 22 maggio 2018 relativa alle Competenze Chiave per l’apprendimento permanente, la scuola nella sua globalità, supportata dalle famiglie e dal territorio ha la responsabilità di aiutare  le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi a imparare a vivere.
Numerosi sono i passaggi, nei documenti citati, che propongono una visione opposta a quella che vede l’educazione alla cittadinanza relegata a una sola ora la settimana, ad esempio:  “L’esercizio della cittadinanza attiva necessita di strumenti culturali e di sicure abilità e competenze di base, cui concorrono tutte le discipline…”
“… Le pratiche di cittadinanza attiva non riguardano, però, solo la declinazione del curricolo nei diversi aspetti disciplinari. L’insegnante, in quanto educatore di futuri cittadini, ha una specifica responsabilità rispetto ai destinatari della sua azione educativa: le sue modalità comunicative e di gestione delle relazioni in classe, le sue scelte didattiche potranno costituire un esempio di coerenza rispetto all’esercizio della cittadinanza, oppure creare una discrasia fra ciò che viene chiesto agli allievi e quello che viene agito nei comportamenti degli adulti. Il curriculum implicito che informa le scelte didattiche può, ad esempio, andare nella direzione della promozione dell’autonomia, della costruzione di rapporti sociali solidali nel gruppo classe oppure può concorrere a stimolare passività e competizione; sviluppare pensiero critico, oppure appiattire gli allievi su un apprendimento esecutivo/inconsapevole/acritico.”
Per realizzare quanto proposto dai documenti ministeriali ed europei basterebbe lavorare sulla formazione degli insegnanti perché si arrivi, come sostiene Edgar Morin, a un cambiamento di paradigma che pone al centro dell’azione educativa il   “riconoscimento della qualità umana dell’altro” e la “comprensione intellettuale e umana” che richiede “di apprendere nel contempo il testo e il contesto, l’essere e il suo ambiente, il locale e il grobale, ma soprattutto ciò che gli altri vivono”.
Come evidenzia il punto 3.2. del nuovo documento sulle competenze chiave, emanato a maggio dal Consiglio dell’Unione Europea “… è necessario facilitare l’acquisizione  delle competenze chiave fornendo sostegno al personale didattico e agli altri portatori di interesse che supportano i processi di apprendimento, comprese le famiglie, affinché rafforzino le competenze chiave dei discenti nel quadro dell’approccio per l’apprendimento permanente nei contesti educativi, formativi e di apprendimento”.
La proposta dei sindaci, quindi, risulta essere lontana sia dalle indicazioni ministeriali che da quelle europee, che invece evidenziano l’importanza di investire sulla formazione dei docenti perché facciano proprie le parole che  nell’Emilio di J.J. Rousseau l’educatore dice del suo allievo: “Vivere è il mestiere che voglio insegnargli”. Una formazione che non dovrebbe “cadere dall’alto” (come spesso avviene nella scuola) ma dovrebbe essere progettata “dagli” insegnanti, “per” gli insegnanti.

Aimc Asti
Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese