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Tanto di cappello: antica versione senza cacao del Bonet alla monferrina

Comunicare la Bellezza: Narrazione Digitale dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato continua con approfondimenti di valorizzazione della cultura dei territori riconosciuti Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

Continua la collaborazione con Paola Uberti, fondatrice del blog SLELLY e dei siti LIBRICETTE.eu e SLELLYBOOKS.com , capace di coniugare in modo affascinante tradizioni della cucina e cultura locale.

Antica versione senza cacao del Bonet alla monferrina – TANTO DI CAPPELLO

di Paola Uberti, fondatrice del blog SLELLY e dei siti LIBRICETTE.eu e SLELLYBOOKS.com

Il Bonet è un dolce al cucchiaio rappresentativo della gastronomia piemontese.

Il suo nome, tradotto dalla forma dialettale, significa “cappello”. L’origine di questo nome pare derivare dal fatto che, trattandosi di un dolce, il Bonet era servito alla fine del pasto facendo da cappello al menu oppure perché il cappello è l’ultimo indumento indossato prima di uscire. Altre scuole di pensiero indicano che il nome di questa specialità derivi dalla forma dello stampo originariamente utilizzato per la sua realizzazione che aveva la forma di un copricapo.

Indipendentemente dall’origine del nome, questo dessert che appartiene alla famiglia dei dolci al cucchiaio come i budini ai quali è affine per preparazione e cottura, da secoli è presente nella lista delle specialità regionali (le tracce più antiche risalgono al XIII secolo).

Come tutti i piatti tipici, il Bonet esiste in differenti versioni, a seconda della zona di produzione. Esistono ricette che prevedono l’utilizzo degli amaretti secchi assieme alle nocciole o di uno solo di questi elementi. Nella lista degli ingredienti è possibile trovare anche il caffè, il rum o il marsala secco.

Il cacao è protagonista assoluto del Bonet per come è conosciuto oggi, ma la versione antecedente alla scoperta del Nuovo Continente dal quale l’Europa ha importato la pianta cara al dio Quetzalcoatl, il Bonet alla Monferrina per antonomasia, era una sorta di budino bianco nel quale si utilizzavano amaretti secchi.

Incuriosita dal provare la versione “bianca” del Bonet, dessert che per la cronaca io venero letteralmente, ho seguito la ricetta dello chef Fausto Carrara omettendo il cacao e incrementando la dose di amaretti.

Il risultato è un budino morbidissimo e cremoso che inganna con il suo aspetto innocente e il colore delicato, ed esplode in bocca con il sapore degli amaretti sostenuto dal marsala e avvolto, accarezzato dalla rotondità del latte intero. Il caramello vela questa esperienza di gusto con le sue note dolci e pungenti in un tripudio di tradizione e delizia.

INGREDIENTI PER 6 MONOPORZIONI

160 grammi di amaretti secchi (attenzione agli amaretti: la preparazione originale non prevede l’utilizzo di ingredienti a rischio, ma i prodotti disponibili sul mercato, sia artigianali, sia industriali, potrebbero contenere glutine)

185 grammi di zucchero semolato (160 grammi per il caramello + 25 grami per il dolce)

2 uova grandi + 1 uovo piccolo

1/2 litro di latte intero fresco

1/2 tazzina di marsala secco

PROCEDIMENTO

Preriscaldo il forno a 180°C.

Scaldo un un pentolino da fondo spesso, meglio se di rame. Verso un cucchiaio di zucchero che faccio caramellare su fiamma media. Appena lo zucchero imbiondisce unisco un secondo cucchiaio e proseguo allo stesso modo fino ad utilizzarne i 160 grammi destinati alla preparazione del caramello.

Facendo attenzione a causa dell’alta temperatura del caramello, rivesto con lo stesso l’interno di sei stampi monodose. Metto da parte.

In una capace ciotola, mescolo delicatamente le uova con una frusta a mano assieme a 25 grammi di zucchero semolato, cercando di non incorporare aria.

Aggiungo gli amaretti sbriciolati, il latte e il marsala e mescolo brevemente.

Verso il composto negli stampi monoporzione che batto delicatamente sul piano di lavoro per eliminare le bolle d’aria che in cottura possono formare antiestetici buchi all’interno dei Bonet. Trasferisco in una larga e profonda teglia da forno.

Verso acqua calda nella teglia in quantità sufficiente a raggiungere i 3/4 dell’altezza degli stampi.

Cuocio in forno per 30 minuti circa (l’acqua non deve mai bollire, ma solo fremere quasi impercettibilmente). La base dei Bonet (la superficie rivolta verso di me prima di capovolgere lo stampo) deve rapprendersi senza diventare gommosa, i budini devono risultare compatti ma molto morbidi al tatto e cremosi all’interno.

Estraggo la teglia dal forno e sposto gli stampi su una superficie asciutta, lasciandoli raffreddare completamente. Se non li servo una volta raggiunta la temperatura ambiente, conservo i dolci in frigorifero all’interno degli stampi, coperti con pellicola da cucina.

Per sformare i budini, batto delicatamente i lati e il fondo degli stampi contro il palmo della mano affinché si stacchino dalle pareti (se necessario passo la lama di un coltellino attorno ai Bunet).

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Il Progetto “Comunicare la Bellezza: Narrazione Digitale dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato” è realizzato grazie al contributo di:

Regione Piemonte

Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato

Cooperativa della Rava e della Fava

Il Progetto ha ricevuto il Patrocinio di:

Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato

Comune di Asti

Comune di Nizza Monferrato

Comune di Vaglio Serra

Provincia di Asti