Il Cerchio magico: parlare di politica con i bambini

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In questi giorni a casa mia, come in molte case italiane, la tv è costantemente sintonizzata su telegiornali e programmi di dibattito politico: il momento lo richiede e così dopo anni nei quali abbiamo dato la precedenza a Peppa Pig e Curious George, ora il telecomando è tornato saldamente nelle nostre mani di genitori che, da cittadini, sentono il bisogno di sentire, capire, approfondire. Tralasciando per un attimo il tema della qualità dei programmi di politica in TV, quello che mi preme qui è riflettere su come questa situazione ci stia portando necessariamente a parlare di politica anche con nostra figlia, più di quanto avessimo fatto in passato. Credo che la prima volta in assoluto che la nostra bambina ha focalizzato cos’è la politica sia stato il 4 marzo, quando in coda al seggio ci ha tempestati di domande sul senso di quello che stavamo facendo. Ma parlare a una bambina di sei anni di cosa significhi votare è comunque più semplice che farle capire perché babbo e mamma sono molto preoccupati di un clima di tensione crescente, senza spaventarla.

Ho sempre pensato che, come genitore, dovessi trasmetterle l’idea che la politica è una cosa bella, è il farsi carico del bene comune, cercando la soluzione migliore per tutti e accettando il fatto che ciascuno dovrà rinunciare a qualcosa, anche se significa metterci più tempo di quello che si impiegherebbe decidendo da soli. Nel suo libro “storie della buonanotte per bambine ribelli” ha conosciuto diverse donne politiche, e – per la sua età – ha abbastanza chiaro il fatto che esistono ingiustizie che vanno raddrizzate e che per farlo vale la pena spendere la vita e le proprie energie. Sono convinta che la famiglia possa essere una scuola di democrazia, non perché i genitori deroghino al proprio ruolo, ma in quanto spazio nel quale imparare ad esprimere i propri pensieri e valori, in dialogo con l’altro, e questo immagino che sarà particolarmente importante con i figli adolescenti, stretti tra il bisogno di dialogo immediato e diretto con se stessi e la progressiva scoperta del mondo più grande, fuori da loro.

Ma come fare ora? Come spiegarle che siamo in un momento di incertezza del quale non vediamo soluzione e le cui conseguenze ci spaventano? Non lo so, ma forse l’unica strada è tornare a parlare con semplicità del valore delle regole, spiegarle che sono appigli nella tempesta e che anche se vengono strattonate di qua e di là alla fine tengono e possiamo contarci. E mentre lo dirò a mia figlia lo ricorderò anche a me, rinnovando la mia fiducia nella Costituzione, pur consapevole che i rischi restano e che in passato non sono bastate le carte costituzionali a salvare dallo sfascio e dalla dittatura. Eppure mi pare sia l’unica cosa che abbiamo, l’unico appiglio, e allora voglio che lei abbia chiaro che questo appiglio c’è e che i suoi genitori gli danno il valore che merita.

Non è molto, ma ora di meglio non so fare.

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