Museo Diffuso Pinot Gallizio: fino maggio apertura ogni sabato dei siti culturali e tour guidato alla scoperta dell’artista albese

Dopo aver esordito in occasione della “Primavera di Alba e dei suoi musei” riscontrando un grande interesse da parte dei visitatori, torna, in questa Primavera dedicata agli spazi aperti della città, il percorso destinato a Pinot Gallizio, personaggio di spicco della cultura e dell’arte del Secondo Dopoguerra.

Il Centro Studi Beppe Fenoglio, in collaborazione con il Comune di Alba, da questa Primavera offre la possibilità di visitare gratuitamente, ogni sabato di aprile e di maggio dalle ore 15.30 alle 18.30, quattro importanti siti culturali del centro storico di Alba che conservano opere dell’artista albese: lo Spazio Gallizio all’interno del Centro Studi Beppe Fenoglio, la sala del Consiglio Comunale, la sala Beppe Fenoglio nel cortile della Maddalena e il Teatro Sociale Giorgio Busca.

Inoltre, per chi vuole approfondire la conoscenza dell’artista albese, alle 16.30 con partenza dal Centro Studi Beppe Fenoglio, viene proposto il tour guidato “Museo diffuso Gallizio”, itinerante e gratuito, alla scoperta delle opere di grande significato artistico di Pinot Gallizio presenti negli spazi prima indicati: “Anticamera della morte” e altre opere, “Il lichene spregiudicato”, “Le fabbriche del vento” e infine “La notte etrusca”.

Eccezionalmente in occasione di VINUM, la Fiera Nazionale dei vini di Langhe, Roero e Monferrato, sabato 21 e sabato 28 aprile dalle ore 15,30 alle ore 19,30 presso il Busto Mistero di via Bertero 8, sarà possibile osservare l’opera “Entrelac del cigno” realizzata da Pinot Gallizio nel 1963.

Il “Museo Diffuso Pinot Gallizio” è un’occasione unica e imperdibile per poter osservare, attraverso una piacevole passeggiata nel centro storico albese, alcuni fra i principali lavori custoditi negli spazi più significativi della cultura cittadina.

*Pinot Gallizio nasce ad Alba nel 1902. È stato membro fondatore dell’Internazionale Situazionista e inventore della Pittura Industriale. Dopo la laurea in Chimica e Farmacia e gli anni dedicati alla gestione della propria farmacia ad Alba e alla produzione di erbe medicinali ed aromatiche, Gallizio, che durante la Guerra aveva attivamente partecipato alla Resistenza nella Divisione Alpi e faceva parte del CLN delle Langhe, scopre l’arte grazie all’incontro con Piero Simondo nel 1952. I suoi primi esperimenti con la pittura risalgono all’anno successivo. Ad Albisola nel 1955 incontra l’artista danese Asger Jorn e con lui e Piero Simondo fonda ad Alba il Laboratorio sperimentale per una Bauhaus Immaginista, dove l’anno successivo ha luogo il Primo congresso mondiale degli artisti liberi, cui partecipano tra gli altri Enrico Baj, Ettore Sottsass, Constant e altri esponenti delle avanguardie nucleari e informali.

Nel 1957 a Cosio d’Arroscia partecipa alla fondazione dell’Internazionale Situazionista e approfondisce le sue ricerche e sperimentazioni artistiche fino alla messa a punto della pittura su lunghi rotoli di tela destinati a essere tagliati e venduti a metro, cui darà il nome di Pittura Industriale. Nel 1960 Gallizio è espulso dall’Internazionale Situazionista, che viene assumendo una connotazione sempre più politica e meno artistica. Da questo momento egli è solamente e intensamente artista, in contatto con le personalità e le tendenze più vitali e innovative del suo tempo. Nel 1962 prepara il ciclo delle Notti, quattro tele di grandi dimensioni una delle quali realizzata con un cappuccio nero calato sugli occhi in modo da non controllare quello che faceva.

Nel 1963 la RAI gli dedica un documentario a cura di Carla Lonzi, e verso la fine dell’anno la sua produzione vira bruscamente verso quadri-oggetto dall’unico colore nero. Convinto di essere prossimo alla fine, durante l’inverno dipinge di nero alcuni mobili ed oggetti presenti nel suo studio: il risultato è una drammatica installazione intitolata l’Anticamera della morte. Gallizio muore d’infarto il 13 febbraio 1964, pochi giorni dopo essere stato invitato, con una sala personale, alla successiva Biennale di Venezia, che diventa una mostra postuma presentata da Maurizio Calvesi.