Il Cerchio magico: L’alleanza tra scuola e famiglia alla prova del bullismo

Non c‘è scuola ormai nella quale non si organizzino sistematicamente corsi per prevenire e riconoscere il bullismo, incontri di formazione per genitori, corsi di aggiornamento per insegnanti… eppure quando le situazioni si presentano concretamente la scuola e la famiglia sanno reagire all’unisono?

Il bullismo è definito come “il fenomeno delle prepotenze perpetrate da bambini e ragazzi nei confronti dei loro coetanei. Si basa su tre principi: intenzionalità, persistenza nel tempo, asimmetria nella relazione” (def. Istat) e gli studiosi hanno messo in evidenza alcuni tratti comuni ai bulli: di solito non vanno bene a scuola e hanno pochi amici, usano le loro azioni per attrarre il gruppo, agiscono reiteratamente, usano forza fisica e anche parole per umiliare e isolare la vittima. Detto così sembra semplice eppure quando, da genitore o da insegnante, ci si trova nella situazione concreta non è sempre facile capire se la dinamica che si sta instaurando tra i bambini o i ragazzi è una normale dinamica di relazione, magari problematica e faticosa, ma normale o se ci si trova davvero in presenza di atti di bullismo.

Le difficoltà dipendono dal fatto che spesso la vittima cerca e va incontro al bullo, in qualche maniera tenta di “conquistarlo” per poter trovare pace, per sentirsi accettata e questo può indurre in errore gli educatori in gioco che, osservando, non vedono la vittima allontanarsi spaventata, anzi al contrario. Altre difficoltà possono sorgere perché chi attua violenza è magari un bambino svantaggiato, per ragioni fisiche, sociali, familiari e pertanto si ritiene che identificandolo come bullo si potrebbe peggiorare la sua situazione, eppure è chiaro come questo finisca per aggravare la situazione della vittima, senza peraltro migliorare quella del bullo che non viene accompagnato ad elaborare il proprio disagio e continuerà ad esprimerlo mediante la prevaricazione. Insomma nella infinita varietà delle casistiche occorre grande attenzione per inquadrare e affrontare il problema, occorre a volte farsi aiutare da professionisti e osservatori esterni che supportino la comunità educante (famiglia e scuola), ma la cosa certa è che si tratta di questioni che non possono e non devono mai essere sottovalutate. Amnesty international definisce il bullismo una violazione dei diritti umani e a ben guardare lo è in quanto impedisce il pieno sviluppo dei bambini che ne sono vittima e anche di quelli che lo praticano i quali – occorre non dimenticarlo mai – sono bambini/ragazzi a loro volta.

Ciò che mai dovrebbe accadere è tradire la sofferenza delle vittime attribuendo loro la causa delle violenze che subiscono (un po’ come accade purtroppo con le donne vittime di abusi), mentre invece occorre affrontare la questione con i genitori di entrambi i soggetti coinvolti separatamente e articolare una serie di azioni concrete e puntuali che innanzitutto mettano fine alle vessazioni e poi ricostruiscano fiducia nella vittima (che a scuola DEVE sentirsi al sicuro) e capacità di relazionarsi normalmente con i coetanei nel bullo. Le famiglie non possono essere spettatrici, è necessario che vengano coinvolte e prima di tutto ascoltate, in particolare i genitori delle vittime devono trovare accoglienza e rispetto, devono sapere che l’istituzione scolastica è loro alleata nel restituire serenità a proprio figlia/o. Allo stesso modo la famiglia del bullo non va criminalizzata, ma accompagnata nella scomoda e dolorosa scoperta dei comportamenti del proprio figlio/a e questo è tanto più complesso perché solitamente la radice dei comportamenti aggressivi e prevaricanti è proprio nei genitori. Complesso, ma non impossibile.

È chiaro quindi che si tratta di una questione affatto semplice e non bastano progetti da 15 ore, si parla di interventi che richiedono tempo, investimenti, professionismo, ma soprattutto tempestività. In gioco c’è davvero molto, i tanti suicidi di adolescenti ci pesano sul cuore, sottovalutare e rimandare può avere conseguenze tragiche.