La sindaca di Piea scrive alla Prefettura: “Chiediamo la chiusura del Centro di Accoglienza Straordinaria”
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“C’è sempre stato uno spirito collaborativo da parte del Comune di Piea, ma dopo oltre due anni dall’arrivo dei primi richiedenti asilo, è chiaro che non si tratta più di una situazione temporanea ed ora chiediamo la chiusura del Centro di Accoglienza Straordinaria”.
A parlare è Sara Rabellino, prima cittadina del Comune di Piea, dove dal 2015, nella piazza centrale del paese, è presente un CAS, una struttura che accoglie cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, gestita dalla Parrocchia SS. Filippo e Giacomo. “Il centro ha una capienza di circa 30 posti, numero che rappresenta il 5% della popolazione residente di circa 580 abitanti: è una percentuale altissima. Non c’è evidentemente proporzionalità oltre ad essere oltre i limiti numerici che impone la legge, secondo cui i comuni sotto i 3000 abitanti possono accogliere al massimo 15 migranti” evidenzia Rabellino.
I primi migranti arrivarono nell’estate 2015 e il Comune non era stato avvertito né dalla Prefettura né dalla Parrocchia: “Abbiamo dovuto accettare la situazione e abbiamo sempre cercato di mantenere un rapporto di collaborazione e dialogo consci della situazione emergenzale dell’epoca – tiene a precisare Rabellino – Gli ospiti della struttura non hanno mai dato fastidio. Non ci sono mai state situazioni di disturbo. Certo all’inizio si era diffuso il malumore tra i miei compaesani, ma poi si era assopito”.
Da qualche mese però il clima è nuovamente mutato. Tra i pieesi è ritornato il malcontento per una situazione che sembra sempre meno temporanea e legata all’emergenza e sempre più strutturale e definitiva.
L’Amministrazione non ha potuto applicare una convenzione per il volontariato in quanto non dispone di un cantoniere che possa svolgere tutoraggio. Anche la Parrocchia, come ente gestore e nella persona di don Vittorio Bazzoni, non ha avviato attività che impegnino gli ospiti stranieri: “Questi ragazzi non fanno nulla tutto il giorno a parte qualche sporadica ora di corso di italiano. Sono per gran parte della giornata lasciati senza alcuna assistenza e sorveglianza. Questo ha generato un diffuso malcontento tra i cittadini. A seguito poi di alcune verifiche effettuate dall’Ufficio Anagrafe del Comune sono emerse delle incongruenze tra gli iscritti residenti e gli effettivi ospiti del centro. A tutto ciò si sono aggiunti alcuni allontanamenti volontari che hanno necessitato l’intervento delle Forze dell’Ordine”.
A fronte di questa situazione l’Amministrazione ha preso la decisione di rivolgersi alla Prefettura. A metà ottobre, dopo precedenti colloqui, ha rivolto formale istanza al Prefetto Paolo Formicola per richiedere il trasferimento dei migranti in altra struttura e la chiusura del centro.
Per ora è stata ottenuta una riduzione del numero, riportato nel limite di legge: attualmente ci sono 14 ragazzi molto giovani dai 19 ai 28 anni, di origine bengalese e senegalese.
Una prima richiesta è stata, quindi, accettata, ma l’Amministrazione auspica in tempi brevi la definitiva cessazione del CAS.
“Pur consapevole che la chiusura del centro e lo spostamento dei ragazzi non è la soluzione alle problematiche legate al fenomeno migratorio e al sistema di accoglienza italiano, ho ritenuto di far prevalere l’interesse dei miei concittadini mantenendo la vivibilità che contraddistingue i piccoli centri e le migliori condizioni possibili di sicurezza” conclude non senza una nota di amarezza Rabellino.