Il Cerchio magico: il rito del Natale

Se c’è una cosa che ho capito del Natale è che, a meno di voler fare i moralisti a tutti i costi, è possibile attribuirgli valore e viverne la bellezza, quali che siano le cose in cui si crede e questo perché ciò che si è creato intorno al Natale (e che in parte l’ha snaturato, non ce lo nascondiamo) è un sorta di iper rito collettivo che ha un suo valore intrinseco.

Parlo di rito perché, a ben guardarlo, ne ha tutti i tratti, anche se viene totalmente spogliato dei riferimenti religiosi: ha una propria liturgia fatta di pranzi, regali, pacchi e pacchetti; serve a trasmettere valori sociali importanti come la bontà, la famiglia, la solidarietà; rafforza la coesione sociale attraverso momenti condivisi e l’esplicitazione dei legami relazionali… non ultimo è difficile restarne fuori a meno di manifestare la propria devianza dalla norma. Il rito del Natale quindi, così com’è, come l’immaginario collettivo l’ha costruito a partire dalla pubblicità della Coca Cola e attraverso migliaia di film, è un rito sociale dal quale non possiamo prescindere, credenti e non credenti, e allora la domanda che si pone è: quale contenuto positivo questo Natale ci porta? Cosa troviamo di buono e di bello, che ci fa del bene, nelle canzoncine, la neve, Babbo Natale e i regalini sotto l’albero? Io credo che possiamo trovarci molto, moltissimo, perché dentro questo desiderio di magia, di sorpresa, di incanto, c’è un bisogno molto umano di sentire che la nostra vicenda non si risolve in routine più o meno avvilenti o in un andare e venire sempre uguale di giorni. Abbiamo bisogno di credere che esista un tempo nel nostro anno nel quale tutto può avvenire, un tempo in cui le persone che amiamo sono più raggiungibili e anche noi possiamo abbassare le difese e dire loro quello che proviamo. Abbiamo anche la necessità di riscoprire il paesaggio che vediamo tutti i giorni con occhi nuovi, occhi spalancati e la neve ce ne regala la possibilità, così, gratuitamente. Ecco perché, a dispetto di chi ne vede solo gli esiti commerciali, se si chiede ai bambini e anche agli adulti che cosa desiderino di più per Natale rispondono “la neve”. Cosa c’è di più bello di veder mutare il paesaggio e diventare fiabesco, mentre ci si trova all’interno, nella nostra casa trasformata grazie alle decorazioni che a piccoli prezzi e con un po’ di fatica condivisa diventa magica a sua volta? È questo che l’iper rito natalizio ci regala, regala a tutti: credenti, non credenti, cristiani, non cristiani: questa magia, questa trasformazione momentanea del quotidiano in qualcosa d’altro la condividiamo tutti. È corretto sminuirla? Io non credo.

Certo ha un risvolto molto triste ed è lo svelamento delle situazioni dolorose: quando si avvicinano le feste ogni solitudine, ogni relazione ferita o tagliata riemerge, proprio perché è il tempo che percepiamo come deputato alla serenità e vorremmo credere anche alla soluzione magica dei nostri problemi. Ma se questo non è possibile, è comunque possibile vederne e valorizzarne il dono, che è fatto di incontri cercati, magari quegli incontri che negli altri periodi finiscono in fondo all’agenda, è fatto di gesti gratuiti di affetto, di attenzione agli altri e soprattutto ai più dimenticati ed esclusi. Insomma nel Natale “pagano” che è quello che condividiamo tutti, possiamo celebrare la nostra umanità che è qualcosa più della nostra ordinarietà e lo facciamo con uno sguardo alle relazioni più importanti e un altro alla bellezza del creato che in questa stagione ci incanta. Ecco, io credo che se noi cristiani sapremo vedere la bellezza di ciò che il Natale porta a tutti, avremo anche una nuova chiave di lettura rispetto a quello che vuole dire a noi: ovvero che Dio ha scelto l’umanità, così com’è, coi suoi desideri e i suoi dolori, per amarla e salvarla e così siamo chiamati a fare noi, perché siamo suoi discepoli e perché anche noi ne siamo parte. Insieme a tutti gli altri, come tutti gli altri.